Master & Commander – Sfida ai confini del mare

Leone d’Oro alla Carriera a Peter Weir in occasione di Venezia 81
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Master & Commander – Sfida ai confini del mare è stato proiettato al Festival di Venezia in occasione del Leone d’oro alla carriera a Peter Weir.

Da grandi opere derivano sempre grandi responsabilità. Se è dunque lecito considerare Peter Weir niente di meno che un grande autore, per il solo fatto di esser parte della sua leggendaria filmografia allora Master & Commander – Sfida ai confini del mare non può che essere considerato anch’esso un grandissimo film. E non serve affatto rifugiarsi nel retorico potere del sillogismo per comprendere come, ad oltre vent’anni di distanza dal suo roboante cinematografico approdo, le appassionanti gesta dello stoico capitano Jack Aubrey e del brillante compagno di marittime avventure Stephen Maturin continuino a veleggiare, forti e veraci, nelle turbolente acque della nostra cinefila memoria; cavalcando l’onda lunga di un’epica d’altri tempi nella quale grandi interpreti, grandi set e sopratutto grandissimi registi erano ancora in grado di vincere l’ardua battaglia contro l’insidiosa flotta dei pixel e degli algoritmi. Un’opera monumentale e titanica quanto il celebre predestinato vascello che solamente sei anni prima uno scatenato James Cameron era riuscito a far gloriosamente schiantare contro l’iceberg della filmica immortalità grazie al mirabolante potere della computer grafica, senza riuscire tuttavia ad eguagliare la grandeur dei combattimenti a Forza 9, il fascino della ritualità nautica e i profondi legami di cameratismo sviluppatisi a bordo della mastodontica fregata britannica Surprise durante l’estenuante querelle con la sfuggente nave corsare francese Acheron in pieno Oceano Pacifico, nel pieno delle sanguinose guerre napoleoniche del 1805.

Fin dal proprio titolo, dunque, Master & Commander – Sfida ai confini del mare pare affondare i propri solidi ormeggi in un’autentica crasi. Non solo quella che unisce il primo e il decimo romanzo dell’avvincente e prolifica saga letteraria firmata da Patrick O’Brian, quanto piuttosto quella che riuscì miracolosamente a fondere la grande passione del lungimirante dirigente della 20th Century Fox Tom Rothman all’altrettanto grande professionalità di un cineasta come Peter Weir, ancora fresco dei planetari successi de L’attimo fuggente e The Truman Show. Ma ad incarnare la natura crasica di questo avventuroso action dalle libere velleità storiche troviamo in primis i suoi stessi interpreti; a cominciare da un ispiratissimo Russell Crowe mai così calzante nei solenni panni di un fiero condottiero di Sua Maestà Re Giorgio III che, in qualità di Signore e Padrone della propria fortezza galleggiante, si fa braccio mai violento ma piuttosto saggiamente autorevole e, all’occorrenza, adeguatamente autoritario della marittima legge. Ma non ci può essere braccio senza un’acuta mente che lo guidi e consigli, così come ben dimostrato dalla fine intelligenza ed irrefrenabile curiosità che un multiforme Paul Bettany riesce ad infondere nelle più intime fibre di un altrettanto navigato uomo di scienza che, nel suo essere medico, entomologo e provetto musicista, incarna in sé tutti i più puri ed essenziali tópoi del pensatore post umanista e pre moderno.

Richiamando alla carica la grandiosità produttiva tipica dei grandi kolossal della Hollywood dorata, Master & Commander – Sfida ai confini del mare ha seriamente rischiato di finire nel medesimo buco nell’acqua generato dal celeberrimo Gli ammutinati del Bounty, riuscendo invece ad imporsi come uno dei pochi veri colossali blockbuster d’inizio secondo Millennio e racimolando – assieme ad un bottino di oltre 200 milioni di dollari e 10 candidature ai premi Oscar – un tiepido seppur pressoché unanime consenso di critica e pubblico, senza tuttavia poter coronare il sogno di dar vita ad una saga che, in altri multiversi e su altri multi-schermi, avrebbe probabilmente dato parecchio filo da torcere allo scalmanato Jack Sparrow e ai suoi agguerriti Pirati dei Caraibi. Ma è forse proprio grazie a questa leggendaria aura da capolavoro tutt’altro che mancato ma piuttosto sottostimato che la maestosa opera di Weir – così come il Leone d’Oro alla Carriera meritatamente affibbiato al suo autore – può fieramente tornare a brillare sui grandi schermi dell’81ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia; in tutta la potenza di una versione restaurata capace finalmente di ridare lustro e dignità ad un racconto di sangue, onore e amicizia in alto mare che nessuna tempesta potrà, si spera, immeritatamente oscurare una seconda volta.