Misteri italiani parte 3: Italia ultimo atto
La sindrome del complotto nel cinema italiano in 10 film
Negli articoli precedenti abbiamo passato in rassegna i più significativi film politici che raccontano alcuni tra i grandi misteri della Storia italiana, rimanendo ancorati a quelle vicende dove si dà ampio spazio a complotti e cospirazioni. Il cinema però, si sa, non è solo cronaca storica, ma anche rappresentazione di storie immaginarie. La seguente rassegna di Misteri italiani vuole riassumere dieci tra i migliori film che in Italia hanno messo in scena la sindrome del complotto, attraverso vicende di fiction ma sempre ancorate strettamente alla realtà: dunque, una fantapolitica poco “fanta” e molto realistica. Gli anni Settanta sono stati il periodo di massima proliferazione del complottismo, non solo nel cinema ma anche nella cultura in genere: sono gli anni in cui le persone hanno preso maggiore consapevolezza delle trame oscure che si svolgevano attorno a loro, riversando queste paure e paranoie anche nel cinema, sia tramite il racconto storico sia tramite la fiction. Questo è successo negli States (ricordiamo Azione esecutiva, I tre giorni del Condor, Tutti gli uomini del Presidente), in Europa (ricordiamo Z – L’orgia del potere, L’attentato, Il giorno dello sciacallo) e anche in Italia. Un modo di fare cinema che è poi proseguito in vario modo, soprattutto negli Stati Uniti con registi come Oliver Stone (in primis JFK, Nixon, Snowden). Dunque, dieci film di fiction con precisi riferimenti alla realtà, declinati secondo vari generi e forme narrative: si sono voluti alternare maestri del cinema impegnato (Monicelli, Rosi, Petri, Damiani, Ferrara) e registi appartenenti a un cinema più popolare ma che ha saputo cogliere gli aspetti più controversi della realtà italiana. Troviamo così registi più celebri e altri outsider, spaziando nei generi più diversi – il poliziesco, il thriller, il giallo kafkiano, la distopia, persino la satira – e muovendoci in un arco di tempo che va dagli anni Settanta (il boom del complottismo) fino ai nostri giorni.
1. La polizia ringrazia (1972) di Stefano Vanzina
Il film di Steno, considerato il capostipite del poliziesco italiano, è anche uno dei primi film sulla sindrome del complotto in Italia. Un commissario (Enrico Maria Salerno) deve affrontare un’Anonima Anticrimine, cioè un gruppo di ex poliziotti che praticano la giustizia sommaria verso i delinquenti: le sue indagini portano alla scoperta di un nucleo eversivo di estrema destra favorevole alla pena di morte, sostenuto da politici, giornali e finanzieri. Nel film si respirano gli anni di piombo, e si respira l’aria di quello che Giuseppe Ferrara chiamerà “il golpe strisciante”, e che secondo il commissario procede in tre stadi: associazione a delinquere, colpo di Stato, dittatura. Degno di nota è anche il corto circuito che si crea fra la necessità di giustizia espressa dal poliziotto e le estreme conseguenze a cui essa porta.
2. Vogliamo i colonnelli (1973) di Mario Monicelli
Neanche il cinema complottista sfugge alla satira graffiante della commedia all’italiana: il maestro Mario Monicelli mette in scena un’ottima parodia, dove però si ride poco e a denti molti stretti, e che possiede precisi riferimenti alla realtà. Un deputato di estrema destra (Ugo Tognazzi), spalleggiato da altri politici, militari, grossi industriali e persino membri del clero, progetta un colpo di Stato: il suo obiettivo è occupare le strutture nevralgiche del Paese – le istituzioni democratiche, i mezzi di trasporto, le comunicazioni – per instaurare una dittatura militare. Nella vicenda si mescolano elementi della Storia italiana (il Piano Solo e il Golpe Borghese) e mondiale (il Cile di Pinochet), rivisitati da un tipico gusto per il grottesco e il parossismo. Il golpe si conclude con un fallimento, ma la reazione dei partiti provoca di fatto un colpo di Stato più soft.
3. La polizia accusa: il servizio segreto uccide (1975) di Sergio Martino
Anche il cinema poliziesco italiano è stato in grado di cogliere i pericoli della democrazia del nostro Paese. Ne è un magnifico esempio il film di Sergio Martino, che da semplice poliziesco si trasforma man mano in uno dei migliori thriller politici italiani. Un commissario (Luc Merenda) indaga su una catena di delitti, e scopre che sono collegati alle misteriose morti di tre alti ufficiali dell’esercito: dietro c’è un piano eversivo – sostenuto da militari, industriali, politici e servizi segreti – per instaurare una dittatura. Ancora una volta il cinema mette in scena i tentati colpi di Stato italiani (il Piano Solo e il Golpe Borghese), e la regia unisce una solida detective-story con spettacolari scene d’azione e discorsi politici per niente banali: ricordiamo il dominio delle masse teorizzato da un diabolico Tomas Milian e i precisi riferimenti al terrorismo nero e alle stragi. I tentacoli eversivi arrivano ovunque, e i complotti si annidano da ogni parte.
4. Cadaveri eccellenti (1976) di Francesco Rosi
Forse non è il più conosciuto tra i film di Francesco Rosi, ma è di gran lunga il migliore. Tratto dal romanzo Il contesto di Leonardo Sciascia, è incentrato su un ispettore (Lino Ventura) che al Sud Italia indaga sulla morte di tre alti magistrati: all’inizio sembrano delitti di Mafia o una vendetta, ma quando gli omicidi si estendono alla Capitale, egli scopre una cospirazione politico-militare. Il tema è ancora una volta “il golpe strisciante”, ma Rosi lo tratta in modo diverso da quanto abbiamo visto finora: siamo in un giallo politico, sì, ma tutto immerso in un’atmosfera kafkiana, quasi surreale, astratta, scevra da riferimenti geografici, eppure sempre ancorata alla realtà. La narrazione è appassionante, e il protagonista si immerge in un intrigo sempre più grande di cui non riesce (e non riusciamo) a sbrogliare la matassa. Memorabili i dialoghi, come il discorso di Max von Sydow sull’errore giudiziario e la frase “La verità non è sempre rivoluzionaria” che chiude il film.
5. Todo modo (1976) di Elio Petri
Il film “maledetto” di Elio Petri è tratto dall’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia, e non a caso rievoca le atmosfere viste in Cadaveri eccellenti, elevando però ulteriormente il carattere metafisico e astratto. In un hotel sotterraneo gestito dalla Chiesa, molti politici – fra cui il Presidente (Gian Maria Volonté) – e imprenditori si riuniscono per degli esercizi spirituali sotto la guida di Don Gaetano (Marcello Mastroianni), ma il convegno sarà funestato da intrighi e omicidi. Petri non rinuncia al giallo, ma ne svuota di fatto i contenuti, trasformando il film in una grande allegoria sulla politica corrotta e i complotti che imperversavano in Italia: intrighi che coinvolgono tutti, politici, finanzieri, ecclesiastici, servizi segreti, persino gli States. Il personaggio di Volonté è modellato su Aldo Moro – di cui il film profetizza tragicamente l’assassinio – e il partito è la Democrazia Cristiana. Straordinaria è l’atmosfera surreale, grottesca e kafkiana, con un nemico nell’ombra sempre pronto a colpire.
6. Io ho paura (1977) di Damiano Damiani
Damiano Damiani dirige il miglior thriller politico-cospirativo italiano, un perfetto amalgama di suspense, azione e impegno civile. Il protagonista (Gian Maria Volonté) è un semplice e spaventato poliziotto che, facendo da scorta a un giudice, si trova invischiato in un grosso intrigo politico. Da una catena di morti misteriose si risale sempre più in alto, e sempre più a fondo nei gangli del Potere, fino a scoprire collusioni fra terroristi (non viene esplicitato, ma sono chiaramente neri), servizi segreti e magistratura. Il film è un capolavoro da studiare nelle scuole, tanto per il discorso socio-politico quanto per la costruzione di continui twist e climax narrativi, con un ritmo incalzante quasi all’americana. Al centro vi è un uomo qualsiasi – un poliziotto, sì, ma non un eroe – che si trova proiettato in una dimensione aliena, fatta di omicidi, pedinamenti, intercettazioni telefoniche e ambientali, con un nemico invisibile che può nascondersi ovunque.
7. Italia: ultimo atto? (1977) di Massimo Pirri
Massimo Pirri è un outsider del cinema italiano, anarchico e anticonvenzionale, che ha diretto pochi film ma ha sempre colpito nel segno, anche in questo caso: trattasi di un apologo fantapolitico che riflette un’Italia allo sbando e in preda alla paura. Tre terroristi (fra cui Luc Merenda) progettano di assassinare il Ministro degli Interni: nonostante il parere contrario dei loro capi, eseguono il piano, scatenando la guerra civile. È uno dei primi film a trattare il terrorismo guardandolo dall’interno – non è citata la matrice politica, ma il gruppo è facilmente identificabile nelle Brigate Rosse – e sviscerando le ragioni della lotta e i confronti fra estremisti e moderati. Pirri sfrutta e sventra i meccanismi del poliziesco, per costruire una vicenda distopica che parte dagli scontri di piazza fino alla reazione delle destre e ai carrarmati in strada. Particolarissima la struttura, tutta composta da flashback e flashforward.
8. Morte in Vaticano (1982) di Marcello Aliprandi
La morte di Papa Luciani dopo soli 33 giorni di Pontificato ha suscitato varie teorie del complotto, puntualmente riversate anche nel cinema. Il discreto artigiano Marcello Aliprandi, autore di pochi film ma quasi sempre azzeccati, immagina un Papa (Terence Stamp) che negli anni Ottanta vuole rivoluzionare la Chiesa avvicinandola ai poveri: il Vaticano non può permetterlo, e dà il via a una cospirazione per eliminare il Pontefice e mantenere il potere. La prima parte è incentrata sull’amicizia del futuro Papa con un prete teologo (Fabrizio Bentivoglio), mentre la seconda parte è più avvincente e marcatamente complottista: ci sono le riunioni segrete dell’alto clero, il commando di killer (era ancora fresca la ferita dell’attentato a Papa Wojtyla) e l’esecuzione tramite avvelenamento proprio da parte del teologo, sfruttato dai poteri forti.
9. Segreto di Stato (1994) di Giuseppe Ferrara
Di Giuseppe Ferrara avevamo già parlato nei precedenti articoli. Con questo film, il regista abbandona la cronaca storica per dirigere un thriller poliziesco di fiction, che rimane però ispirato alla Storia. Cambia dunque il modo ma non la sostanza, e il nostro film rappresenta un po’ la quintessenza del cinema cospirativo italiano. Al centro c’è un poliziotto (Massimo Ghini) che indaga su una bomba esplosa in centro a Milano, e il cui mandante sembra essere un uomo dei servizi segreti (un luciferino Adalberto Maria Merli). Se dovessimo trovare un corrispettivo italiano de I tre giorni del Condor, quello è proprio Segreto di Stato: in una trama fittissima, troviamo le bombe dei servizi segreti, i fondi neri del SISDE, le collusioni con la Mafia, le lotte di potere interne ai servizi, i poteri occulti. Un film che arriva un po’ fuori tempo massimo, ma che avvince, e colpisce in pieno il bersaglio.
10. La voce (2015) di Augusto Zucchi
La sindrome del complotto si è man mano diradata nel cinema italiano, ma qualche bel film lo troviamo ancora, ad esempio questo sorprendente thriller del poco conosciuto Augusto Zucchi. Ispirato alla misteriosa morte di Alighiero Noschese (citato nel film), è incentrato su un imitatore (Rocco Papaleo): assunto da una branca deviata dei servizi segreti, deve riprodurre al telefono le voci di uomini politici, magistrati e agenti segreti, finendo coinvolto in intrighi sempre più pericolosi. E’ un film incredibile da trovare oggi in Italia, un unicum che riproduce il puro complottismo seventies aggiornandolo al passo coi tempi: sembra di stare dalle parti de La conversazione e I tre giorni del Condor, con le intercettazioni telefoniche e i servizi deviati, ma ci sono pure le multinazionali farmaceutiche, i segreti del governo, il potere delle televisioni. Molto particolare e complessa è anche la struttura, che si sviluppa a mosaico e flashback tramite le indagini della figlia del protagonista.