100 Liters of Gold
2024
100 Litres of Gold è un film del 2024, diretto da Teemu Nikki.
“Perché nei festival di cinema non ci sono le commedie?”. La domanda è di Aki Kaurismäki, nella conferenza stampa di una vecchia Berlinale, rivolta ai giornalisti chiamati per una volta a rispondere, non a chiedere. Ci fu silenzio assoluto. Il maestro finlandese voleva sottintendere provocatoriamente un primato del tragico sul comico, del dramma sulla risata, che è presunto nella mente di chi guarda e mai vero, un equivoco portato avanti dalla critica più autorialista che nei festival non vuole ridere. Una risposta ideale la fornisce il Tallinn Black Nights Film Festival, che ha presentato 100 Litres of Gold, il film di Teemu Nikki passato anche alla Festa di Roma, una coproduzione italiana che arriverà nelle nostre sale. Il debole per Teemu Nikki che l’abbiamo da tempo, nello specifico dalla proiezione veneziana de Il cieco che non voleva vedere Titanic (2021), ad oggi il suo capolavoro; abbiamo già rilevato l’esistenza di un “nikkiverse”, ossia un cosmo chiuso con regole proprie che basta a se stesso, dopo la visione del penultimo La morte è un problema dei vivi.
Il nuovo Teemu Nikki non fa che confermare l’ipotesi. Il cineasta, molto prolifico, grande appassionato di cinema di genere, compreso il bis italiano, giunge ora a questo titolo che per metonimia significa “cento litri di birra”. La bevanda in questione è la sahti, birra tradizionale finlandese composta da orzo, segale e avena, aromatizzata al ginepro, che richiede una lunga e faticosa preparazione perlopiù artigianale. A distillarla sono due sorelle di mezza età: Taina e Pirkko, che portano avanti la tradizione famigliare istituita dal padre. Le due vivono e lavorano insieme, in una sorta di fattoria-distilleria, e sono mediamente disperate: entrambe single, l’una prova a tenere la barra dritta mentre l’altra si lascia andare a lunghe maratone alcoliche che la svegliano con puntuali mal di testa. La birra è troppo buona, comunque, e viene assaggiata puntualmente da tutti in compagnia di improbabili uomini, amici o supposti amanti che siano. Tale la situazione di partenza: l’innesco dell’intreccio arriva quando si presenta la terza sorella, con una protesi meccanica alla gamba, per annunciare il suo matrimonio. Per l’occasione chiede cento litri di sahti alle burbere Taina e Pirkko, che accettano subito. Hanno qualcosa da farsi perdonare, perché l’arto fu perduto in un incidente stradale col loro zampino… Si mettono in testa di creare la birra migliore possibile, quella da dieci, l’eccellenza da sorseggiare alla festa.
La storia diventa una commedia degli equivoci con retrogusto molto amaro: le due fanno la birra perfetta ma se la bevono, non riescono a resistere, manca poco alle nozze e devono trovare cento litri nel minore tempo possibile. A parte la corsa per raggiungere la meta, però, l’amarezza è dovuta al pesante non detto nel passato: l’incubo ricorrente è infatti proprio una gamba tra le lamiere, che si allunga e si moltiplica, in una trasfigurazione alla Michel Gondry, evidentemente la forma di un rimorso. C’è un nodo psicanalitico da sciogliere… Non solo: la sorella alcolizzata, interpretata da una gigantesca Elina Knihtilä, inizia a vacillare e diventa sempre più gialla, non potrà più ignorare i giorni perduti. Teemu Nikki conferma la sostanza del suo cinema: ultimi, falliti, loser che si dibattono come mosche nella ragnatela di uno sfondo grottesco. Seppure nelle curve drammatiche, il film però resta commedia: uno sguardo sui nostri limiti, sul legittimo conato autodistruttivo dell’uomo e della donna, sul gesto di distillare una birra speciale per poi bersela tutta. Siamo fatti così. E tutto sommato, com’era Un altro giro, è anche un inno straordinario alla bellezza dell’alcool come componente costitutiva della vita.