The 7th hunt
2009
The 7th Hunt: dall’Australia un horror senza pretese che finisce per somigliare a una versione particolarmente povera di Hostel.
È difficile recensire un film che non c’è. Mancano le parole per delinearne le caratteristiche, così come sfuggono le categorie linguistiche e grammaticali che, per quanto tirate, aiuterebbero a inserire il prodotto in una griglia di significati. Questa anonima pellicola australiana è una clandestina del concetto di cinema: non ha né le carte in regola per ritagliarsi un posticino all’ombra dell’horror, né i documenti necessari per accedere alla classificazione dei generi. Per dirla tutta, non possiede nemmeno la dignità di un serioso low-budget.
Eppure questo The 7th Hunt non è nemmeno un brutto film, nel senso che anche la bruttezza è un concetto astratto ed elastico che si adatta, muta, cambia a seconda delle epoche e dei contesti. La disarmonia di un’opera a volte raggiunge dimensioni così sgangherate da trasfondersi in eleganza, mentre la sua estraneità all’industria tradizionale può anche determinare mode, correnti e nuovi filoni estetici. In altri casi, come questo, è meglio stendere un velo pietoso e far finta di niente. Sarebbe forse lecito parlare di bruttezza oggettiva, ma anche qui la definizione è un po’ forzata poiché si rischia di dare per scontato un qualcosa che non lo è mai fino in fondo.