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A different man

2024
Titolo Originale:
A different man
REGIA:
Aaron Schimberg
CAST:
Sebastian Stan: Edward
Renate Reinsve: Ingrid
Adam Pearson: Oswald

Il nostro giudizio

A Different Man è un film del 2024 prodotto, scritto e diretto da Aaron Schimberg

Pochi giorni fa ho incontrato un uomo dal viso parzialmente sfigurato. Spinto dalla curiosità, ho più volte rivolto fugaci ed innocenti sguardi verso la sua guancia, forse per cercare, invano, di comprendere la natura di tale malformazione. Ora mi domando: se avesse notato il mio sguardo? L’essere osservato l’avrebbe infastidito? E ancora: sarei turbato se qualcuno osservasse me nello stesso modo? Questo dilemma (non troppo) vagamente voyeuristico è solo uno tra i numerosi affrontati da A Different Man, film del 2024 diretto da un Aaron Schimberg che, dopo Chained for Life (2018), rinnova il suo interesse nei confronti della neurofibromatosi, proponendo una seconda collaborazione con Adam Pearson, conduttore televisivo britannico affetto dalla malattia di cui sopra. Edward (Sebastian Stan) è un timido e impacciato aspirante attore colpito da neurofibromatosi di tipo 1, male che ha causato la crescita di numerose masse tumorali sul suo viso. Dopo aver fatto la conoscenza di Ingrid (Renate Reinsve), dilettante drammaturga da poco trasferitasi nell’appartamento accanto al suo, decide di sottoporsi ad una cura sperimentale nella speranza di rimuovere le protuberanze che deturpano il suo volto. A dispetto di ogni aspettativa la terapia dà i suoi frutti e il nostro scopre di possedere delle fattezze delle quali ignorava l’esistenza ma che, in un certo senso, sono sempre state sue.

Passa del tempo ed Edward, ora agente immobiliare di nome Guy, incontra casualmente Renate, la quale si trova alle prese con una pièce teatrale riguardante il suo rapporto con il vecchio inquilino. Una volta ottenuta una parte nel ruolo del sé stesso di pochi mesi prima, alle prove si presenta Oswald (Adam Pearson), affetto dalla stessa malattia di cui soffriva il protagonista, il quale provocherà in Edward dubbi circa il suo aspetto esteriore quanto interiore. Scandito da battute di dialogo brillanti e dotate di significati spesso plurimi, il film si muove sulle assi di un racconto di carattere lynchiano tanto nel soggetto quanto nella composizione del quadro, spesso costruito su geometrie distorte, quasi grottesche, facilmente paragonabili agli esercizi di messa in scena che due cineasti dell’orrore postmoderno quali Osgood Perkins e Coralie Fargeat hanno espletato in, rispettivamente, Longlegs e The Substance. Battute, le sopracitate, poderosamente drammatiche nel contesto ma che assumono toni che sfiorano il comico (a denti stretti, si intende) se coadiuvate dalla maldestra gestualità di un Edward che “ricorda Woody Allen”, e parte di uno script incorniciato da una fotografia che gioca sui toni cupi del rosso, colore dei fluidi corporei che ci permettono di vivere.

Ottima, peraltro, la prova recitativa di Stan, Reinsve e Pearson, sempre stimolanti e definiti tra le mura di tre personaggi ben distinti che si muovono sulle note di un arrangiamento musicale che sembra provenire da opere come The Elephant Man, del mai troppo lodato David Lynch, o Frankenstein di James Whale.A Different Man si dimostra capace di riflettere su temi di varia natura come il malizioso pregiudizio comportato dalla diversità, il peso degli sguardi, la rinascita di un nuovo sé stesso e la dicotomia che deriva dalla morte figurata del nostro predecessore, abilmente posta a schermo tramite l’impiego di specchi e superfici riflettenti, accorgimento di regia tanto sfruttato quanto efficace se sapientemente gestito. Il tutto è inserito all’interno di un brodo forse fin troppo ricco di tematiche, di cui alcune sufficientemente approfondite ed altre inevitabilmente sacrificate, ma dal gusto underground assolutamente dilettevole.