À la recherche
2023
À la recherche è un film del 2023 diretto da Giulio Base.
Nell’immaginario cinefilo di chi scrive, Giulio Base è sempre stato il regista di Poliziotti (1995) e l’interprete del naziskin Führer in Teste rasate (1993) di Claudio Fragasso. Ma se andiamo ad analizzare la sua ormai lunga carriera, notiamo che il futuro direttore del Torino Film Festival ha alle spalle una ricca ed eterogena filmografia – tanto di genere quanto d’autore – sia come regista e sceneggiatore, sia come attore. À la recherche, presentato alla recente Festa del Cinema di Roma, “potrebbe essere il suo capolavoro” (citiamo Tarantino), come regista e attore. Perché è un atto d’amore verso il cinema, oltre che verso la letteratura, e perché è un film che ha il coraggio di osare e sperimentare. Trattasi di un film ad impianto teatrale, con due soli attori (più una breve comparsa) in una sola location per tutti i 90 minuti: il modello è presumibilmente Venere in pelliccia (2013) di Roman Polanski, visto che in entrambi i casi si narra la messa in scena di uno spettacolo e il valzer a due fra una donna e un uomo in contrasto. À la recherche, sceneggiato dallo stesso Base insieme a Paolo Fosso, si svolge in Italia negli anni Settanta, e ha come protagonisti l’affascinante Ariane (Anne Parillaud) e il nevrotico Pietro (Giulio Base), che si ritrovano nella villa di lei per scrivere un adattamento cinematografico del lungo e complesso romanzo Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust – la recherche, appunto, del nostro titolo. La donna è una mecenate francese che ha vissuto tempi migliori come amante di attori e registi, mentre lui è uno sceneggiatore italiano costretto a scrivere copioni di B-movie per motivi alimentari, e che ha l’occasione di rifarsi proprio quando viene chiamato da Ariane per questa titanica riduzione filmica.
I due entrano fin da subito in contrasto, tanto che Pietro sta per andarsene, quando Ariane gli rivela che la sceneggiatura è per un film di Luchino Visconti, un mito per entrambi. Spronato da cotanto onore, Pietro inizia a lavorare con convinzione insieme ad Ariane, ma i problemi non tardano a nascere, per divergenze caratteriali, culturali e politiche. Fra i due inizia anche un subdolo gioco di seduzione, messo a tacere però dalla perfida Ariane quando smaschera la sua impotenza. Nonostante tutto, il lavoro prosegue, il copione viene terminato e consegnato a un emissario di Visconti. Il film si conclude con una romantica scena di ballo fra i due, e con la scritta in sovraimpressione che annuncia la morte del Maestro. Giulio Base si avventura così nell’ardita impresa (come fanno i suoi due personaggi con il loro progetto) di coniugare Storia e finzione, riuscendoci egregiamente come soltanto uno che mangia pane e cinema poteva fare. Perché, mentre Ariane e Pietro sono ovviamente due personaggi immaginari, il fatto che Luchino Visconti volesse realizzare una trasposizione cinematografica della Recherche proustiana è un fatto storico. Per lui era anzi una sorta di ossessione, l’idea di un kolossal faraonico rincorsa per tutta la vita ma destinata, per i motivi più disparati, a fallire. La finzione scenica introdotta da Giulio Base vuole comunque che questi due carneadi immaginari, Ariane e Pietro, riescano a portare a termine una sceneggiatura, che un certo Guido (Vittorio Base) – unica e brevissima comparsa in questa danse à deux – viene a ritirare per portarla al Conte. Proprio di nobiltà e borghesia disquisiscono spesso i due, di mecenati e attori, mentre il discorso si sposta man mano sulla promiscuità sessuale del mondo del cinema (viene citato il rapporto sentimentale fra Visconti ed Helmut Berger).
Perché l’erotismo, sia pure sotterraneo e sfuggente, è uno dei temi centrali de À la recherche, grazie anche ad una splendida e provocante Anne Parillaud – una star francese (Nikita) che non ha certo bisogno di presentazioni, ma che non girava un lungometraggio da circa un decennio. Una meravigliosa donna di 63 anni che non sente affatto lo scorrere del tempo: e il cui personaggio si diverte a stuzzicare e a sottomettere Pietro come una mistress, fino a praticargli una fellatio, senza che la regia lasci nulla all’immaginazione (con inquadrature sulla testa in movimento fra le gambe), rivelando però la sua impotenza. Sarà poi lui a cercare di prenderla con la forza – forse il suo unico modo per far funzionare l’arnese – interrotto però dalle circostanze. Anche la tensione erotica è ripresa, pure se in modo diverso, dal polanskiano Venere in pelliccia: a differenza di questo, però, che manteneva unità di luogo e di tempo, Giulio Base nel suo film mantiene solo l’unità di luogo – tale lussuosa villa, fra ampi saloni e giardini da signora decaduta, valorizzati da una preziosa fotografia pastellata – mentre il tempo è spalmato su varie giornate, come si intuisce dal cambio di abiti. À la recherche è un film fatto per lo più di dialoghi e primi piani, mentre le scenografie e i costumi elaborati fanno da sfondo a questa gara di bravura, vinta per forza di cose dalla Parillaud, ma con Base-attore che gli arriva subito dietro, confermandosi un interprete di classe, oltre che un regista dotato di un’ottima tecnica (piani-sequenza, campi e controcampi, inquadrature e montaggio). À la recherche è un film denso di spleen malinconico, che ritrae a suo modo un’epoca: i B-movie italiani (con bizzarri titoli immaginari), il grande cinema d’autore (sono citati anche Germi, Antonioni, Fellini e altri ancora), i salotti aristocratici, le infinite discussioni sulla politica (marxisti e borghesi) che si riflettono anche nel confronto fra Ariane e Pietro. E il finale non può che essere nostalgico, con l’annuncio della morte di Visconti e i due che ballano sulle note romantiche (la colonna sonora è ricca e variegata) di Dark Rose di Marek Jakubowicz