Al calar della sera
1992
Al calar della sera è un film del 1992, diretto da Alessandro Lucidi
La morbosità di un film – si proclama una verità ovvia – non sta in rapporto percentualistico con quello che si vede. Se fosse così, Al calar della sera, giallo con approdo ai lidi del rape & revenge, girato fuori da qualsiasi mercato immaginabile nel 1992, per di più con dei sovvenzionamenti governativi, non sarebbe un film morboso. Mentre, viceversa, morboso lo è e molto. Della protagonista, una monumentale Daniela Poggi, trentacinquenne ma con un allure più matura, seguiamo la vita, ancora prima che vi faccia irruzione l’irrazionale della violenza di un maniaco, con attenzione e meticolosità voyeuristiche. La normalità – il lavoro come modella di spot pubblicitari, il ritorno a casa, la spesa al supermercato, portare la macchina dal meccanico, la preparazione della pappa per la sua bambina, una doccia – in questo film del montatore e saltuariamente regista Alessandro Lucidi (La maestra di sci, Il marito in vacanza), si trasforma in qualcosa di spiato, subdolamente sottratto piuttosto che apertamente rubato. E sortisce esiti che in un’altra pellicola forse sarebbero solo noiosi ma che qui diventano simili a uno sguardo, appunto, morboso, invasivo e invischiante. Può darsi che l’intenzione fosse quella di far collimare l’occhio dello spettatore con quello del maniaco, benché l’entrata in scena di quest’ultimo sia dilazionata ben oltre la prima mezzora in cui seguiamo la Poggi nei suoi frammenti di vita quotidiana e nulla, prima, lasci intendere che la prospettiva della mdp possa celare qualche minaccia. O può anche darsi che seguire meticolosamente i giri della protagonista fosse soltanto un modo per perdere tempo e far crescere il metraggio. Fatto sta che l’escamotage funziona.
Col calare del disco solare dietro l’orizzonte, le danze hanno inizio. La Poggi è un fiore di carne che delibiamo, come fa il folle che l’ha presa di mira, petalo per petalo, senza mai attingerne la corolla. Il suo nudo è frammentario, un pezzettino qua, uno scorcio là, un particolare velato, un dettaglio in fuga, ma per la forza della metonimia, esso diventa più deflagrante che se ci trovassimo dinnanzi l’attrice nella totale spudoratezza con cui si offriva all’obiettivo quando, ventenne, si faceva chiamare Daniela Levy nel nazi di Cesare Canevari. Un thriller erotico in cui l’erotismo abbia siffatta pregnanza è pressoché impossibile riesca ad essere anche un buon thriller. Difatti, Al calar della sera non lo si può certo ricordare per il modo in cui il pazzo, ammazzatole il marito fuori scena, si mette ad assediare la Poggi barricata in casa, la insegue per ruderi ossianici, la brutalizza – testimone la baby sitter che somiglia ad Ania Pieroni e fa da bella statuina, legata in salotto – e ne subisce quindi la vendetta, portata alle estreme conseguenze nell’ultima scena prima del nero sui titoli di coda, armata di una discreta cattiveria. Sia il rape sia il revenge, meritano la sufficienza, ma il piatto forte del film sta, come già detto, altrove.
Dedicato alla memoria dell’attore Gianluca Favilla (nella storia fa il marito della Poggi), morto in un incidente d’auto poco dopo le riprese, Al calar della sera vanta attori capaci di fare il loro lavoro – che è già moltissimo. Paolo Lorimer, il maniaco, delinea un personaggio dimesso, gretto, volgare per nulla ieratico o demoniaco come spesso tendono ad essere gli antagonisti in un R&R. Ma anche tutti i caratteri di contorno convincono, soprattutto perché riescono a sembrare minacciosi e a confondere le acque. Il film di Lucidi – sposato con la figlia di Demofilo Fidani, la celebre Simonetta Vitelli che qui appare accreditata come scenografa – ha goduto di una distribuzione nel mercato dvd in America, con il titolo Submission of a Woman. In Italia, lo si conosce per essere stato tramesso di notte su Rai tre alla metà degli anni Novanta.