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All Cheerleaders Die

2013
Titolo Originale:
All Cheerleaders Die
REGIA:
Lucky McKee, Chris Sivertson
CAST:
Caitlin Stasey (Maddy Killian)
Sianoa Smit-McPhee (Leena Miller)
Brooke Butler (Tracy Bingham)

Il nostro giudizio

All Cheerleaders Die è un film del 2014, diretto da Lucky McKee.

Dal primo all’ultimo dei suoi film, Lucky McKee è rimasto sempre strettamente fedele alla descrizione del Femminile non soltanto come una categoria dell’esistente ma come una specie di entità trascendente: qualcosa di superiore e di completamente estraneo rispetto all’Uomo. Un universo a parte. Questo era evidentissimo nel primordiale May (2002), uno dei cui dati sensibili era la bisessualità della disturbata protagonista. L’omosessualità femminile è un must nel cinema di McKee ma non certo con un valore semplicemente voyeuristico. Le sue protagoniste hanno rapporti sessuali e affettivi tra loro perché questo ribadisce la loro cesura rispetto al resto, all’esterno, a tutto quello che non rientra nel raggio della loro autonomia. Sick Girl, l’episodio dei televisivi Masters of Horror diretto da McKee, riutilizzava la Bettis in un chiave che il titolo rende sufficientemente esplicito. Dopodiché, il regista fu attratto dall’idea di variare sul tema di un grande horror tutto femminile come Suspiria, e girò Il mistero del bosco (2008). Niente a che vedere con i precedenti e, soprattutto, come il successivo, straordinario, The Woman (2011), dove la centralità del femminile (il titolo è, anche in questo caso, rivelatore immediato dell’idea, della filosofia) acquista la forza e la dirompenza di un manifesto sul potere del Matriarcato, della Donna, pur in mezzo a un turbine scarlatto di cuori strappati e di fegati rescissi. All Cheerleaders Die è l’ulteriore passo avanti di McKee in un mondo matriarcale, con le sue leggi, i suoi miti e le sue ritualità, votato a un sanguinario conflitto con tutto ciò che gli è esterno: non certo perché esso sia un mondo governato dalla violenza, ma perché ha dovuto imparare a difendersi.

Nella situazione di partenza di All Cheerleaders Die, c’è il tema, che può sembrare semplice e banale, dell’opposizione tra i ragazzi della squadra di football e le ragazze cheerleaders del liceo: si disputa su quale tra i due schieramenti sia più abile, su chi riesca a compiere le imprese atletiche più difficili. McKee pone questo scontro come una faccenda molto seria, al di là della levità del racconto che sembra acquistare qualche volta i toni della commedia. Un conflitto, appunto. Anzi uno scontro che acquista sempre più forza dopo la morte accidentale di Alexis (Felicia Cooper) all’inizio del film. Alexis è il capo, la guida, la testa del serpente del tiaso femminile del liceo: ha successo con tutti, donne e uomini e sa convogliare la sua forza femminile verso la realizzazione di qualunque scopo. La sua morte in diretta – registrata dalla videocamera dell’amica/amante Maddy (Caitlyn Stasey) – apre il varco agli eventi successivi che porteranno a uno scontro frontale del team cheerleader con il team dei giocatori di football, capitanati da Terry (Tom Williamson). Tutto è causato dalla scoperta che le ragazze pon pon praticano l’amore lesbico e in altre parole che sono autosufficienti rispetto al maschio. McKee ne fa un aspetto centrale, fondamentale, molto sottolineato. Le cheerleaders, compresa l’attuale fidanzata di Terry, Tracy (Brooke Butler), bastano in ogni senso a se stesse. La stregoneria di Leena (Sianoa Smit-McPhee), che è la magia femminile per eccellenza, si incastra quindi perfettamente nel flusso di questo racconto ed è la leva sovrannaturale più che mai adeguata per smuovere la parte horror del film e per far risorgere le quattro cheerleaders dalla morte, Maddy, Tracy, Hanna (Amanda Grace Cooper) e Martha (Reanin Johannink), in una nuova incarnazione dove l’individualità sembra addirittura scomparire ( Hanna si risveglia nel corpo di Martha e viceversa) a favore, ancora una volta, di un superiore ideale, unitario, femminile.

I due registi di All Cheerleaders Die, Lucky McKee e Chris Sivertson hanno realizzato questo apologo femminista in chiave horror come remake di un lungometraggio con lo stesso titolo che nel 2001 era stata la loro prima prova registica. All Cheerleaders Die, Tutte le cheerleaders muoiono è la regola degli horror che il titolo di McKee e Sivertson assume come punto di partenza per dimostrare che lo stereotipo è ribaltabile, che le ragazze pon pon anche quando muoiono possono continuare a vivere. Come succede alle zombi-vampire di questa storia. In realtà, la sceneggiatura del remake è stata pensata non come qualcosa di definitivo e di chiuso, ma come il primo possibile capitolo di una saga. Ciò spiega perché nei manifesti pubblicitari All Cheerleader Die sia seguito dalla dicitura part one. E spiega anche perché la storia si concluda con un potente twist che rimette in gioco ogni cosa, reintroducendo il personaggio di Alexis e rilanciando decisamente verso un sequel. McKee stesso ha spiegato che l’impostazione dei caratteri delle protagoniste rispondeva a un progetto di un più ampio respiro che quello di un unico film. A tutt’oggi, comunque, a un anno dall’uscita americana di All Cheerleaders Die, non esistono notizie ufficiali sulla realizzazione di un’eventuale “part two” e anche il sito ufficiale non fornisce dettagli in più.