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Anarchitaly. Cinema espanso e underground italiano 1960-1978

2012
Titolo Originale:
Anarchitaly. Cinema espanso e underground italiano 1960-1978
REGIA:
M. Deborah Farina
CAST:
Paolo Breccia
Mario Carbone
Pilar Castel

Il nostro giudizio

Anarchitaly è un documentario del 2012, diretto da M. Deborah Farina

Dalla retrospettiva di Venezia68 Orizzonti 1960-1978, curata da Enrico Magrelli, Domenico Monetti e Luca Pallanch, la regista M. Deborah Farina – di cui si è già parlato a proposito di Down by Di Leo – prende ispirazione per dirigere l’eccellente documentario Anarchitaly. Cinema espanso e underground italiano 1960-1978 (2012), presentato in numerosi festival e di recente a Parigi. Con la definizione di “cinema espanso” si intende “espansione dell’occhio”, cioè quel cinema a cui prendono parte varie forme di linguaggio artistico, in una sorta di “arte totale”: cinema, fotografia, performance filmate, pittura, teatro, video-arte; non a caso, i registi trattati sono spesso artisti a 360 gradi specializzati in più discipline di arte visiva. Oggetto del doc sono una serie di registi e relativi film catalogabili come “sperimentali”, un fitto sottobosco underground che ha proliferato in Italia in particolare tra gli anni Sessanta e Settanta – gli anni della contestazione culturale, artistica, politica. Un tipo di cinema difficile, troppo a lungo trascurato e solo di recente oggetto di attenzione critica, qualcosa di assolutamente diverso da ciò che siamo abituati a vedere, un corpus variegato e anarchico, talvolta addirittura anti-narrativo. Sotto lo sguardo di Deborah Farina finiscono vari nomi più o meno conosciuti: Alberto Grifi, Augusto Tretti, Mario Schifano, Carmelo Bene, Mario Carbone, Romano Scavolini, Marcello Grottesi, Paolo Breccia, Mario e Fabio Garriba, solo per citare i più importanti.

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Un pregio indiscutibile di Anarchitaly, oltre a portare all’attenzione del pubblico questi autori, è la regia sempre ispirata e artistica della Farina: un documentario sul cinema d’arte che diventa esso stesso un film d’arte, per la pluralità di linguaggi utilizzati. Anarchitaly è un viaggio in questo mondo underground e al contempo un percorso autobiografico tra i film che hanno costruito il suo immaginario: girato e montato alternando il direct-cinema americano del suo maestro Albert Maysles con momenti pop, si mantiene sempre in equilibrio fra rigore divulgativo e passione emotiva. La varietà di forme artistiche usate nel cinema espanso sono contrappuntate da una rispettiva varietà di linguaggi che la Farina utilizza nel documentario e che lo rendono un film ricco e dettagliato ma al contempo piacevole alla visione anche per i “profani”, e appassionante in quanto narrato come una storia. Si avvicendano, in un unico discorso, una sorta di backstage della retrospettiva veneziana girato in stile “cinema diretto”, interviste, spezzoni tratti dai film, interviste d’archivio, il tutto inframmezzato da squarci poetici e abbinamenti concettuali come tipico della regista. Il “viaggio” parte da Venezia con Domenico Monetti e Luca Pallanch del CSC di Roma, i quali ci introducono in questo universo dove prendono la parola gli stessi registi oppure attori e collaboratori.

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Accanto, trovano spazio anche personaggi più popolari come Ermanno Olmi, Nanni Moretti, Maurizio Zaccaro, Milena Vukotic, Pilar Castel, Maria Monti, Marco Müller e i critici Enrico Ghezzi e Tatti Sanguineti. Ricchissimo il comparto di opere trattate, dal docu-film Anna di Grifi e Sarchielli al Potere di Tretti, dai corti di Scavolini e Schifano a Hermitage di Carmelo Bene, fino a Zoommm Track! di Carbone, sempre ricchi di implicazioni sociali e politiche. Tutto è realizzato e narrato in modo anarchico e sperimentale – anche le interviste non sono girate nel modo classico ma in una sorta di flusso continuo – con slanci poetici geniali: la celebre colonna sonora di Anonimo Veneziano di Salerno (Stelvio Cipriani) sullo sfondo del lido, scene da La notte di Antonioni e Roma di Fellini, ma persino citazioni musicali imprevedibili dagli spaghetti-western (Deborah coniuga l’amore per la sperimentazione con quello per il bis italiano), passando per Kubrick e Tarkovskij. La maggior parte delle musiche sono sonorizzazioni realizzate dalla regista, e molti film sono rimontati e rielaborati graficamente, per esempio con il peculiare split-screen, come in Down by Di Leo, a testimonianza di una creatività sempre ispirata.