Ancora auguri per la tua morte
2019
Ancora auguri per la tua morte è un film del 2019, diretto da Christopher Landon.
“Al loop, al loop”, verrebbe da dire. E, come se non bastasse il banale gioco di parole, si può aggiungere che a questo grido di aiuto (o commerciale) è difficile crederci ancora. Ma, se il pastorello della famosa favola di Esopo riuscì a protrarre lo scherzo per giorni prima di essere abbandonato da tutti, in questo caso potrebbero bastare due film per fiaccare l’interesse. Intendiamoci, Auguri per la tua morte già soffriva terribilmente di diverse mancanze, come un soggetto non così originale come lo si voleva dare a credere e, ancora peggio, una crisi d’identità tramutata in un patchwork di “n” generi diversi mal assortiti. Il rapporto budget-incassi è stato tuttavia estremamente positivo e mercato ha voluto che Christopher Landon potesse rimettersi al lavoro per un sequel che è da giovedì nelle nostre sale; tutto nello stesso periodo in cui Russian Doll, serie Netflix dal pressoché identico plot, sta riscuotendo molto successo. Il loop quindi oggigiorno tira, a più di venticinque anni da Ricomincio da capo di Harold Ramis che nel frattempo, ahinoi, è pure morto.
È passato solo un giorno dagli avvenimenti del primo capitolo e Tree scopre che dietro il loop temporale che le faceva rivivere ogni volta il giorno della sua morte c’è sempre stato Ryan, l’amico nerd del suo ormai nuovo fidanzato, Carter. Insieme ad altri due suoi amici, il ragazzo aveva infatti costruito, per un progetto accademico, un reattore quantico che aveva inavvertitamente scatenato il fenomeno di cui sopra. Un ennesimo malfunzionamento del macchinario la fa però tornare indietro al giorno del suo mortifero compleanno, ma stavolta Tree rimarrà intrappolata in un universo parallelo in cui quasi niente è uguale a ciò che ha già vissuto. A volte bisogna ammettere che spiegare vuol dire anche complicare. Ancora auguri per la tua morte parte da quello che non doveva per forza essere un buco di sceneggiatura del precedente capitolo, col pretesto di prolungare il viaggio di formazione della sua sguaiata protagonista, e lo fa ripetendo, a volte ingigantendo, gli stessi errori commessi in prima battuta. Se da una parte Christopher Landon conferma di avere una promettente vena parodica (già dimostrata anche in Manuale scout per l’apocalisse zombie), dall’altra si perde troppo nell’ibridare i generi in uno stancante omaggio “post-postmoderno”.
All’ironia craveniana del periodo Williamson si mescola infatti una comicità più vicina ai fratelli Zucker (anche se meno sottile), mentre lo slasher viene completamente assorbito e rinnegato, con sequenze che niente hanno a che fare con quello che dovrebbe essere, in fondo, il genere portante. Anche la fantascienza è ridotta alla mera citazione, tra riferimenti a Nolan (Inception e Interstellar) ed a Zemeckis (saga di Ritorno al futuro) con una strizzatina d’occhio evidente alla generazione di Big Bang Theory (la bionda stupidina e i nerd imbranati). Un vero peccato, anche perché Landon era riuscito a dare un senso a questa nuova avventura di Tree (una Jessica Rothe che si conferma molto versatile), mostrandola combattuta tra i fantasmi del passato e le incertezze del presente, tra due dimensioni entrambe foriere di rinunce e dolori. Resta comunque il fatto che una tale diegesi (personaggio intrappolato in un loop temporale e costretto a riconsiderare la sua esistenza) abbia quantomeno il sapore di una minestra riscaldata. Un brodo da riservire più volte, visti i palesi indizi finali che portano ad un esageratissimo terzo capitolo. Alle genti del prossimo futuro, me compreso: non è un loop, tranquilli, ma la legge della trilogia.