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Another End

2024
REGIA:
Piero Messina
CAST:
Gael García Bernal (Sal)
Renate Reinsve (Zoe-Ava)
Bérénice Bejo (Ebe)

Il nostro giudizio

Another End è un film del 2024 diretto da Piero Messina.

Credo che un artista oggi possa avere due colpe: la prima è credere che il pubblico sia una massa informe di deficienti, la seconda è mettere delle emozioni che non siano sintetiche di fronte un pubblico anemico di sentimenti. Piero Messina potrebbe essere trascinato in tribunale per crimini contro l’umanità, per il semplice fatto di avere doppiamente peccato con soluzioni derivative e per volerci fare ingollare -a forza- una storia d’amore eccessivamente pastorizzata. Siamo in un presente alternativo dove la coscienza dei morti può essere ‘scaricata’ su un corpo che le fa da ospite per un tempo limitato, perché? Non si sa. È di questo che si occupa la società per cui lavora Ebe (Bérénice Bejo): preoccupata per il fratello Sal (Gael Garcia Bernal) che ha da poco perso la compagna Zoe, lo spinge a incontrarla di nuovo in un corpo ospite (interpretata da Renate Reinsve) per completare il processo del lutto e darle un degno addio. Sembra una puntata estesa e poco soddisfacente -come le ultime stagioni- di Black Mirror. È una sceneggiatura quella scritta da Messina, Giacomo Bendotti, Valentina Gaddi e Sebastiano Melloni frammentata, poco chiara e piena di lacune. Per carità, per quanto sia vero che un film non deve essere didascalico o rispondere a tutte le domande che solleva, è anche vero che Another End mette sul tavolo troppi quesiti che vanno dalla natura dell’esperimento, dei suoi fini, se il progetto più che un aiuto non sia una dolce illusione, e il tremendo dubbio di essere noi stessi dei corpi ospiti.

D’altronde, a fine sessione, gli ospiti vengono prelevati e la mattina dopo si risvegliano in una specie di hangar senza memoria dell’esperienza fatta. Perché non si può scrivere troppe volte la memoria di qualcuno su un ospite? Si possono colonizzare le persone in un modo totalmente sottile ed epidermico col loro consenso? L’incipit poteva essere intrigante quanto la serie Westworld, dove lo scopo ultimo non era solo la raccolta infinita di dati ma l’immortalità dell’anima e della coscienza, ma cos’è la coscienza e qual è la natura dell’amore? Possiamo amare qualcuno nel corpo di un altro? Se lo chiedeva già il film The Shop around the corner che ha conosciuto il vero successo col remake Il paradiso può attendere. Insomma, Piero Messina gioca col già visto e non c’è nulla di strano, nessuno pretende qui una idea nuova e originale, ma la messa in scena porta ulteriore confusione, dove la morte di Zoe non sembra più il fulcro della vita di Sal, ma conoscere qualcosa sull’ospite che chiameremo Zoe 2.0 e Sal la stalkera avvolgendo il film in silenzi non necessari.

Another End poteva essere l’occasione per studiare in questi tempi di deep fake, A.I. and so on, come si possa vivere per interposta persona attraverso la tecnologia; d’altra parte, gli ospiti non sono altro che corpi sfruttati che vivono in funzione dei morti (che non sanno di esserlo) e dei vivi, e qui si poteva aprire benissimo un dibattito su quelli che dovrebbero essere i limiti del capitalismo e di ciò che la tecnologia può e non deve fare. Tutto questo c’entra qualcosa con l’amore? Non credo, se non quello che rimane fuori dalla scena e viene svelato in un debole coup de théâtre nel doppio finale. Presentato in concorso all’ultima Berlinale, Piero Messina si accontenta di creare un melò sci-fi, titillandoci con lo stecchino dei sentimenti d’accatto una nostra perduta sensibilità (mi sembra quasi di sentirlo urlare: perché non piangete?). La cosa più insopportabile, difficile e impossibile del presente è affrontare un dolore e superarlo, e Piero Messina -come noi- non sembra avere alcuna risposta sensata.