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Apocalisse Z

2024
Titolo Originale:
Apocalisse Z
REGIA:
Carles Torrens
CAST:
Yuri Mykhaylychenko
Jose Maria Yazpik
Berta Vázquez

Il nostro giudizio

Apocalisse Z – l’inizio della fine è un film del 2024, diretto da Carles Torrens.

Prodotto in Spagna nel 2023 e distribuito su Prime Video, Apocalisse Z – L’inizio della fine, con la regia di Carles Torrens, è l’adattamento del primo romanzo della trilogia bestseller di Manel Loureiro. Ambientato nel 2024, il film immagina un mondo appena uscito dalla pandemia di Covid, ora colpito da un nuovo virus che trasforma i contagiati in creature furiose, decretando il collasso della civiltà. Manel (Francisco Ortiz) un avvocato galiziano, intraprende un viaggio disperato verso le Isole Canarie, unico rifugio promesso. Con lui c’è il gatto Lucullo, simbolo di speranza e resistenza. Torrens si concentra sul dramma interiore di Manel: un uomo fragile e già segnato dalla perdita della compagna, ben prima dello scoppio dell’apocalisse. La sua vera battaglia non è con i mostri esterni, ma con il fardello insostenibile dei suoi ricordi. Il film si colloca nel genere apocalisse zombie moderno che Danny Boyle ha definito col capolavoro 28 giorni dopo: infetti rapidi e rabbiosi che incarnano una furia cieca e animalesca. Torrens, però, sceglie un approccio più intimo, allontanandosi dalla spettacolarità dei blockbuster come World War Z o Io sono leggenda per concentrarsi sul dramma interiore del protagonista. Nel primo atto, il film regala un’atmosfera malinconica attraverso piccoli gesti e silenzi che rivelano la vulnerabilità di Manel: la cura con cui prepara un pasto per il gatto Lucullo; i messaggi vocali per la sorella, forse mai destinati a essere ascoltati, che diventano un dialogo interiore, segnando l’evoluzione del protagonista e il suo fragile legame con ciò che resta di sé. In questa fase, la narrazione richiama opere come The Road, dove la devastazione fa da sfondo a frammenti di umanità. Si notano assonanze anche con i toni brutali della graphic novel Crossed di Garth Ennis, ma il film opta per un tono più contenuto e introspettivo. I flashback mostrano il passato del protagonista per lui persino più doloroso dell’apocalisse virale e le Isole Canarie assumono un valore simbolico: più che un rifugio reale, sono un miraggio che giustifica il cammino. Torrens trasforma il viaggio in un’esplorazione emotiva e psicologica, trovando una via personale nel panorama del genere.

Nella seconda metà, il film purtroppo perde parte dell’intensità emotiva costruita, cedendo il passo a un’azione più convenzionale: inseguimenti frenetici e fughe da aggressioni improvvise degli infetti, con i protagonisti costretti a utilizzare escamotage per non farsi mordere, mentre cercano disperatamente cibo e ripari momentanei. Queste sequenze, pur ben girate, risultano prevedibili e prive della tensione emotiva che aveva caratterizzato la prima parte. La sezione sulla nave appare poi la meno riuscita. Il personaggio di Ushakov (Yuri Mykhaylychenko), leader di una banda criminale, è un antagonista privo di profondità, supportato da scagnozzi a tratti caricaturali. Le sue motivazioni, deboli e prevedibili, non riescono a generare vera tensione, riducendo il conflitto a dinamiche già viste. Anche la figura di Pritchenko (José María Yazpik), con il suo potenziale carismatico e ambiguo, e quello di Lucia (Berta Vázquez), introdotta quasi di sfuggita, rimangono figure appena accennate, privando il film di relazioni e contrasti che avrebbero potuto arricchire la storia. È possibile che questi personaggi trovino maggiore sviluppo nei futuri capitoli della trilogia, ma in questo primo il vuoto lasciato dalla loro scarsa incisività narrativa si fa sentire.

Nonostante queste debolezze, il film si regge grazie alla prova solida di Francisco Ortiz, capace di dare credibilità al dramma interiore di Manel. I momenti più riusciti sono quelli più intimi che aggiungono un tocco di vulnerabilità e autenticità e in cui il film riesce a emozionare e a distinguersi, mostrando una grande umanità che resta il suo punto di forza. Apocalisse Z – L’inizio della fine è un film che, pur inciampando nella seconda metà, riesce a lasciare un segno. Torrens prende un genere sovraffollato e lo rilegge, lasciandoci un’apocalisse diversa: fatta di piccole cose e di un cuore che batte sottotraccia. Rispetto al genere apocalittico, spesso dominato da azione sfrenata e scenari grandiosi, il film si distingue per la sua scelta di raccontare il collasso della civiltà come una tragedia personale, che lascia intravedere un potenziale interessante per i capitoli futuri.