Area 51
2015
Area 51 è un film del 2015, diretto da Oren Peli.
Oren Peli è l’inventore del franchise di Paranormal Activity; quindi qualcuno al quale si deve un certo rispetto, visti i soldi che la sua idea è riuscita a fare. E visto il sistema che ha messo in moto con il POV a componente parapsicologica da lui inventato, con una pensata molto semplice ma ben finalizzata all’efficacia dell’effetto. Che Peli non fosse il classico caso del tizio che ci ha colto una tantum, lo dimostrava a nostro giudizio anche il suo secondo film da regista, Chernobyl Diaries, tratto da un suo romanzo. Uno che si fa venire per il capo di girare un horror a Prypiat, la città abbandonata vicino a Chernobyl, deve avere un mondo mentale interessante e il film, peraltro, compiva perfettamente il dovere angosciante di una storia del genere. Peli, tuttavia, fin da subito dopo Paranormal Activity, si era buttato a peso morto su un altro progetto POV che al posto delle presenze ectoplasmatiche parassitarie, demoni e affini, avrebbe introdotto gli alieni. Il titolo, parlante, era Area 51.
Dal 2007, quando aveva cominciato a fecondarlo, fino al 2015 quando finalmente Peli ha partorito Area 51, sono passati otto anni. Otto lunghi anni durante i quali il Point of View Movie ha percorso tutta la sua fase vitale, ha toccato a un certo punto lo zenith, verso il 2010/2011, si è quindi avviato al viale del tramonto e oggi è praticamente sul ciglio del nadir. Ciò premesso, e calcolando che ormai di mockumentary sugli alieni ne sono stati realizzati a decine – non era così nel 2007 –, si capisce perché Area 51 nasca tardi e nasca, in certo qual modo, morto. Oltretutto la sinossi non ha niente di originale: un gruppo di amici, tra i quali uno in particolare (Reid Warner), ossessionato da dischi volanti ed extraterrestri, decidono di fare una sortita nell’Area 51, la base militare nel deserto del Nevada, che conterrebbe segreti indicibili collegati al rapporto con creature di provenienza aliena, catturate o ospitate in quel luogo dal governo degli Stati Uniti. Un punto di scambio e di commercio tra terra e cielo. Tramite all’idea di intrufolarsi nella base sono le rivelazioni di una ragazza (Jelena Nik), il cui padre ha lavorato lì e ha lasciato, dopo la sua misteriosa morte, una cassa piena di documenti secretati che fanno riferimento a quanto accade nelle profondità della terra sotto la base. Così, rubato un badge a uno scienziato che lavora nell’area e appropriatisi della sua impronta digitale (di notte mentre dorme: tutto documentato dalla telecamera a infrarossi), i commandos superano come se niente fosse tutti gli sbarramenti militari a difesa della base e si accingono a scendere verso il cuore dell’istallazione. Che, ovviamente, ospita creature provenienti dallo spazio esterno, pericolosissime in quanto dotate di tremendi poteri telecinetici, e aduse a pratiche nei confronti degli esseri umani non meglio specificate ma di sicuro poco piacevoli.
Non è che si facciano degli spoiler a dire questo, perché il film mantiene esattamente quello che si può facilmente pensare che prometta fin dalle primissime scene, quando gli altri amici, dopo una notte di bisboccia, ritrovano l’ufologo, in piedi, in mezzo a un’autostrada, che non sa dire né come né perché sia finito lì. Non voglio calare proprio la mannaia sostenendo che non ci sia niente di buono: le scene – senza specificare oltre – girate nel “bianco abbacinante” fanno effetto e così pure la raccolta di bambole e vestiti umani che gli esploratori rinvengono nelle grotte dove si annidano gli extraterrestri. Dei quali veniamo a sapere – e anche questa non è male come trovata – che l’aspetto da “grigi”, con gli occhioni da insetto e senza naso e labbra, è dato solo dalle tute spaziali che indossano. Perché il loro vero volto, invece… Però la pietra grande di inciampo è che Area 51 non fa mai paura, neanche un secondo. Si poteva anche odiare Paranormal Activity ma non si poteva non riconoscere che certi passaggi mettessero i brividi. Qui, purtroppo, otto anni dopo, non è più così. E serve poco che Peli abbia scomodato come interprete e promoter dell’operazione anche Glen Campbell, l’ufologo grazie al quale oggi tutti conoscono il nome dell’Area 51.