Arrowhead
2016
Arrowhead è un film del 2016, diretto da Jesse O’Brien
Lasciando per il momento da parte ogni ipotetico giudizio di valore, risulta quantomeno interessante notare come in nessuno dei novantacinque minuti che ne costituiscono la durata, Arrowhead sembri voler in qualche modo rinnegare la propria natura da B-movie, un fiero giocattolone d’intrattenimento fantascientifico pericolosamente confinante con i grezzi e cialtroni prodotti Asylum ma capace di discostarsene in tempo, grazie alla profusione di una sincerità e di una purezza d’intenti che, malgrado i risicatissimi mezzi, risultano del tutto inusuali in un tale settore a puro uso e consumo. Osservando attentamente l’opera prima del montatore e graphic artist Jesse O’Brien – estensione dell’ottimo corto Arrowhead: Signal (2012) di cui mantiene intatta la materia narrativa e la genuina passione per il genere sci-fi a basso costo – sembra quasi di trovarsi dinnanzi a una versione postmoderna di un John Carpenter o di un Roger Corman primissima maniera (per non dire di un Ed Wood decisamente “maturo”): un cinema di sputi, colla e tanto impegno costretto tuttavia ad arrendersi dinnanzi alla dura realtà del “voglio ma non posso”, senza per questo rinunciare alla capacità di saper fare di necessità virtù e tirar fuori un qualcosa che, anche senza essere impeccabile a livello formale, risulta perfettamente in grado d’intrattenere e di far sorridere con quel poco che ha da offrire.
Arrowhead esordisce puntando decisamente alto, richiamando un universo narrativo molto simile a quello della saga di Star Wars, un lontano futuro nel quale, in seguito a una durissima guerra civile fra un sedicente Impero Galattico e una sparuta Resistenza, è stato costruito un immenso carcere nel quale prigionieri politici e non sono costretti a lavorare in condizioni a dir poco estreme. Ed è proprio nel mezzo di questa marmaglia che il mercenario Kye Cortland (Dan Mor) viene reclutato da un gruppo di ribelli sopravvissuti capitanati dall’ambiguo Tobias Hatch (Mark Redpath) con il compito di reperire i piani segreti dell’Impero e liberare così i compagni detenuti prima che le ultime epurazioni vengano messe in atto. Il piano tuttavia fallisce quando Kye si ritrova bloccato su un pianeta sconosciuto in compagnia (ma non per molto) dei biologi Hollis (Aleisha Rose) e Oleander (Christopher Kirby), mentre oscure e sconosciute creature si preparano ad attaccare acquattate nell’ombra.
Partendo con le traballanti premesse di un Rogue One dei poverelli per poi virare decisamente verso una classica epopea stellare di sopravvivenza in solitaria sul modello di The Martian, Arrowhead cambia più volte direzione in modo alquanto brusco, attraversando le più famose e feconde infestazioni mostruose spaziali della storia del cinema (da Alien a The Thing) e finendo per tirare in ballo profonde riflessioni filosofico-scientifiche sulla relatività temporale al sapore di Interstellar, il tutto potendo contare soltanto su una CGI posticcia da PlayStation 1 – sapientemente dosata attraverso la furbesca tattica del vedo-non vedo – e una performance a protagonista unico improntata su un dialogo continuo con un computer di bordo a metà strada fra il razionale Hall 9000 e il gigionesco C-3PO. Il tocco di classe giunge tuttavia con il palesarsi delle temibili creature infestanti, una gloriosa citazione ai termitoni assassini di Assalto alla Terra (1954) che fa ben comprendere il range dell’intera operazione. Certamente uno scult, non c’è dubbio, ma uno di quelli sani, robusti e gustosi come non se ne fanno più da quarant’anni a questa parte: un sano prodotto di genere che può contare solo su se stesso e che non sarebbe certamente dispiaciuto a gente come Bava e Margheriti.