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Asylum Blackout

2011
Titolo Originale:
Asylum Blackout
REGIA:
Alexandre Courtés
CAST:
Rupert Evans (George)
Richard Brake (Harry)
Kenny Doughty (Max)

Il nostro giudizio

Asylum Blackout è un film del 2011, diretto da Alexandre Courtés.

Asylum Blackout è un film dalla violenza “burina”, una grassa abbuffata di sangue e viscere da accompagnare a qualche birra ghiacciata, pop-corn e un amico allegrone, per una serata all’insegna del rutto libero e il disimpegno collegiale. Fatelo, vi prego! Ne varrebbe il biglietto. Non quello che dovreste pagare voi se non esistesse lo streaming illegale ma quello che pagherebbero il regista Alexandre Courtés e lo sceneggiatore S. Craig Zahler (poi regista di Bone Tomahawk e Brawl in Cell Block 99) per scrutare le vostre facce prima dei titoli di coda: confuse, smarrite, atterrite come quelle di un gruppetto di bambini che si è troppo allontanato dalla comitiva della gita scolastica e osserva le caotiche fauci del mondo aprirsi intorno a loro. Non capite qual è il punto? Semplice: Asylum Blackout è un film che apparentemente spiega molto, guida gli spettatori in una versione exploitation di Qualcuno volò sul nido del cuculo, ma in sostanza è un film che non spiega proprio nulla, vi mette davanti una serie di possibilità e dovrete voi decidere cosa abbiate visto o meno.

Prendete il cattivone Harry Green (il Richard Brake di 31); il suo sguardo d’Inferno scruta il cuoco George (Rupert Evans) promettendogli grandi tormenti ma nel momento in cui non ci sarà più alcuna barriera di sicurezza tra i due ecco che Green farà qualcosa di assolutamente imprevedibile. In fondo è un folle e da lui ci si può aspettare davvero molto di più che un po’ di torture porn. In Asylum Blackout Courtés mostra come un cattivo super-potente, un Krug Stillo in odore di paranormale possa anche essere solo un matto con lo sguardo magnetico; una tavolozza bianca su cui “l’eroino” George, proietti i suoi incubi peggiori. Il blackout può essere stato provocato e sia culmine di un piano diabolico, certo, ma può darsi che in realtà sia fortuito e solo la febbricitante mente del protagonista finisca per credere in un ordito.

Il titolo originale The Incident punta sulla casualità del disastro ma in effetti, l’altro titolo con cui il film è conosciuto, Asylum Blackout (appunto) può riferirsi a qualcosa di mentale e non tanto a un quadro elettrico in panne. La battuta finale che il giovane urla: “Loro sono dentro!” rivela che l’invasione dei pazzi non è solo nella cucina ma anche nel profondo di se stesso, ormai è come infettato dagli stessi diavoli che compativa e disprezzava, quando all’inizio del film serviva loro del mediocre stufato con le spezie indiane pensando allo studio d’incisione dove avrebbe cantato i suoi sogni bugiardi in quattro quarti. Il film di Courtés/S. Craig Zahler è un tributo a Rob Zombie ed Eli Roth ma anche a Luis Buñuel e Salvador Dalì. La scena in cui Max (Kenny Doughty) si affetta la mano in tanti minuscoli dadini incitato dai colleghi della cucina è puro surrealismo bergsoniano.