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Beverly Hills Cop: Alex F

2024
Titolo Originale:
Beverly Hills Cop: Axel F
REGIA:
Mark Molloy
CAST:
Eddie Murphy (Axel Foley)
Judge Reinhold (Billy Rosewood)
Kevin Bacon (capitano Grant)

Il nostro giudizio

Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F è un film del 2024, diretto da Mark Molloy.

È ormai impossibile anche solo pronunciare il nome dello scalmanato e logorroico tenente Axel Foley senza evocare un faccione che non sia quello del sornione Eddie Murphy. Anche se, aneddotico fan fact alla mano, qualora i quantistici dadi del What If? fossero malauguratamente rimbalzati su di una qualche altra probabilistica combinazione, beh, in un qualche ipotetico multiverso parallelo a quest’ora saremmo qui ad ammirare il magnetico sguardo di Mickey Rourke o, peggio ancora, il rustico grugno di Sylvester Stallone campeggiare sui manifesti di una saga a suo modo immortale come quella di Beverly Hills Cop. Follia, vero? Ed è proprio per questo che, al netto di un affannoso protagonismo oggi così comune nelle spesso stucchevoli operazioni di accanimento terapeutico destinate a storici franchise prigionieri dell’insidioso effetto nostalgia, fin dal proprio inequivocabile titolone Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F vuol puntare i riflettori tanto sull’iconico personaggio quanto sull’altrettanto topico front-man che, fra alti e bassi, inseguimenti e sparatorie, battutine e politically incorrect, fin dal glorioso 1984 hanno reso la filmica creatura targata Bruckheimer & Simpson uno dei passi obbligati per immergersi nell’irripetibile penultima cinematografica decade del tribolato Ventesimo Secolo. Senza minimante pensare di poter eguagliare i fortunosi fasti dell’immortale capostipite diretto giusto trent’anni orsono dal ben poco prolifico Martin Brest – e rinnegando in gran parte l’action fine a sé stesso del poco ispirato secondo capitolo a firma di uno stereoidato Tony Scott – il buon Mark Molloy si adopera qui per imbastire un onesto e accorato fan service che, pigiando fortissimo il pedale della memorabilia e strizzando parecchi occhietti, tenta di risvegliare il cuore indubbiamente ancora pulsante di una trilogia che, a ormai due decenni di distanza, nemmeno il goliardico estro di John Landis era riuscito a chiudere con tutti i giusti e sacri crismi.

Ed è appunto un Axel Foley innegabilmente stanco e imbolsito quello che, nuovamente calzato lo sdrucito ma sempre intramontabile giubbotto dei Detroit Lions, si ritroverà a muoversi a passo ridotto fra le pieghe di questo ennesimo atipico buddy movie; profondamente invecchiato al pari di quell’ironia così sfacciatamente eighties che, seppur innegabile balsamo per gli afecionados più stagionati, ben più che qualche naso farà certamente storcere agli imberbi figlioli del netflixiano algoritmo e della woke culture. Ma, si sa, nonostante qualche ruga o maniglia dell’amore in più, il nostro Mr. F è sempre pronto a tornare in pista: non prima ovviamente di avere sventato per il rotto della cuffia l’ennesimo criminale inghippo a nemmeno cinque minuti dalla fine dei titoli di testa, così come ormai da ritualistica consuetudine. Rispettate dunque le fan-tastiche aspettative, lo spericolato Axel verrà nuovamente richiamato in quel nell’assolata 90210 dopo aver appreso, da una telefonata del fido ex compagno Billy Rosewood (Judge Reinhold), che la giovane figlia Jane (Taylour Paige), con la quale i rapporti si sono da tempo deteriorati, è scampata per miracolo ad un vile attentato dopo aver scelto di difendere un disgraziato galeotto accusato, ingiustamente a quanto pare, di aver freddato a tradimento un poliziotto. Ma a seguito della misteriosa e alquanto sospetta scomparsa dell’ex compagno di pallottole – e con l’altro burbero amigo John Taggart (John Ashton) suo malgrado vincolato ai macchiavellismi della politica dopo il tanto atteso scatto di carriera – il nostro integerrimo piedipiatti sarà costretto ad assemblare un nuovo improbabile terzetto assieme alla rancorosa unicogenita e al di lei fu fidanzato nonché detective Bobby Abbott (Joseph Gordon-Levitt) per far luce su di un fetentissimo affare di corruzione e traffico di stupefacenti che, a partire dal mefistofelico capitano della narcotici Grant (un Kevin Bacon ormai definitivamente consacrato all’Olimpo dei motherfucker) pare aver affondato le proprie radici ben oltre i confini della sciccosa Contea degli Angeli.

Pistolettate fra auto in corsa, adrenalina ad alta quota, doppi e tripli giochini, attriti familiari, vecchie e nuove alleanze, black humor quanto mai letterale ed una sfilata di villain tutt’altro che occulti uno più Die Hard dell’altro. Insomma: gli ingredienti affinché Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F possa essere, se non un pieno successo, quantomeno un divertente e nostalgico passatempo paiono esserci tutti, no? E se, a differenza del collega Will Smith che, con Bad Boys 4: Ride or Die, ha ben dimostrato di saper resistere, vincere e persino superare la prova del tempo, l’ormai più pacato ma ugualmente vispo Murphy – ancora scottato dalla scellerata minestra riscaldata di un pessimo sequel come Il principe cerca figlio – sembra aver fatto tesoro dell’autoironia dello Schwarzy di The Last Stand; giocando sapientemente con il peso degli anni per plasmare così un novello Alex Foley capace di guardare con un occhio al passato e l’altro al futuro senza colpo ferire o, meglio, esplodere. Ed è forse questo insolito “strabismo” a rendere questo lungamente atteso quarto capitolo riuscito solo a metà, finendo per contaminare tanto la regia di Molloy – intervenuto, a dire il vero, solo dopo le progressive defezioni di Brett Ratner e del duo El Arbi-Fallah – quanto la più volte rimaneggiata sceneggiatura del terzetto Beall-Gormican-Etten con un ritmo e un registro alquanto altalenanti; cedendo parecchio spazio alla detection così come alle delicate interazioni fra personaggi tutt’altro che bidimensionali per poi risvegliare il pirotecnico spirito della pura e disimpegnata azione solamente nell’ultimo giro di boa. Ma d’altronde c’è ben poco da fare: ogni qual volta il sintetizzatore di Lorne Balfe accenna anche solo di sfuggita alle inconfondibili note dell’iconico motivetto di Harold Faltermeyer, il cinefilo cuoricino da Xennials e Millenials non può che sciogliersi come neve al sole, mandando al diavolo ogni residuo mal di pancia e oggettiva riserva per ricordarci che, proprio come il buon vino, Alex Foley è uno dei pochi a potersi concedere il lusso d’invecchiare, se non propriamente bene, quantomeno con un fiero e scoppiettante botto. Un BOOOM(ER) insomma!