Big Ass Spider!
2013
Big Ass Spider! è un film del 2013, diretto da Mike Mendez.
Mike Mendez. Ci piace(va). Una via di mezzo tra un “guilty pleasure” e “a new hope”. Tra la fine degli anni ‘90 e i primissimi giorni del nuovo millennio, quando film come Killers e The Convent faticavano a trovare il loro posto sul mercato (The Convent, con la strepitosa ritornante Adrienne Barbeau a caccia di suore demoni fosforescenti, è arrivato da solo in dvd), Mendez rappresentava la boccata d’ossigeno all’asfittico panorama horror mondiale. Poi se ne sono perse le tracce, o meglio: ha fatto The Gravedancers, ma non ci pensiamo…
Oggi, a sorpresa, ecco finalmente Big Ass Spider! (il ragno dal grande culo) che, sulla carta (o meglio sulla brochure), potrebbe sembrare il solito film del piffero sugli aracnidi giganti (quelle robe della Nu Image destinate, per grazia ricevuta, a cloache televisive come Sci-Fi Channel). Poi ci si accorge di quel nomino scritto in piccolo… Già, proprio lui, l’altrettanto ritornante, Mike Mendez.
Cominciano le palpitazioni. La prima sequenza pre-credits mantiene le promesse. Un lungo rallenti con il protagonista, l’amichetto di J.J. Abrams, Greg Grunberg (Felicity, Alias) che arranca al rallentatore in una strada devastata da rovine, ambulanze e corpi divelti, mentre i Pixies gridano “Where Is My Mind” e un enorme ragno nero sbriciola con le sue zampone pelose un grattacielo circondato da elicotteri della polizia. Big Ass Spider!, si parte bene, cazzo, ma, cazzo, ci si ferma anche subito.
Un esperimento militare andato a puttane ha generato un aracnide mutante che, nutrendosi di carne umana, cresce a vista d’occhio. A nulla servono le armi tradizionali e l’unica speranza è l’intervento di un improbabile duo composto da un disinfestatore romantico (Grunberg) e un messicano sottosviluppato (Lombardo Boyar), che vorrebbe tanto essere Franco Franchi ma non lo è. Mendez la butta tutta sul ridere, ma il sorriso si congela sulle labbra pietrificato dall’incontenibile ripetizione di gag e situazioni. Gli effetti speciali poi… Qualcuno (forse) ne farà un cult, ma di mitico c’è soltanto il titolo e il cammeo di Lloyd Kaufman.