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Blood Star

2024
Titolo Originale:
Blood Star
REGIA:
Lawrence Jacomelli
CAST:
Britni Camacho
John Schwab
Sydney Brumfield

Il nostro giudizio

Blood Star è un film del 2024 diretto da Lawrence Jacomelli.

Nella sua recensione del 2001 di I sette samurai (1954) di Akira Kurosawa, Roger Ebert scriveva che è grazie all’immortale capolavoro giapponese se, molto spesso nei film d’azione post moderni, uno dei personaggi principali viene introdotto a partire da una sottotrama slegata da quella principale. Credo che questa ipotesi sia applicabile anche al panorama horror e Blood Star, esordio alla regia cinematografica per Lawrence Jacomelli dopo una lunga carriera consacrata alla televisione, potrebbe essere uno dei tanti esempi. Oltre a questa ormai comune pratica registica, Jacomelli utilizza un soggetto sulla carta piuttosto banale, inserendolo in paesaggi quasi limitrofi a quelli già fotografati dai Coen per Non è un paese per vecchi (2007) e toccando alcuni dei temi più cari al Tobe Hooper di Non aprite quella porta (1974). Solo che Blood Star non vanta né il solido cast del thriller dei Coen, né la scrittura anarchica di Hooper. Il film si apre con una donna, ferita e terrorizzata, che si aggira di notte nel deserto lentamente pedinata da una vettura alle sue spalle. Una volta caduta a terra, viene raggiunta da una figura della quale sono inquadrate solo parzialmente le gambe, che le offre dell’acqua e una pistola carica di un solo proiettile. La donna accetta l’acqua e punta la pistola verso la misteriosa figura, la quale è intanto risalita in macchina e non perde tempo a travolgerla, uccidendola.

A una distanza di tempo non specificata, Bobbie (Britni Camacho) è da poco uscita di prigione per furto e sta tornando a casa dal suo ex ragazzo quando, in una stazione di servizio, incontra il sospetto sceriffo locale (John Schwab), che non gode di buona reputazione. Poco dopo essere ripartita, la ragazza viene fermata dallo stesso sceriffo per eccesso di velocità e per avergli danneggiato un lampeggiante della macchina, rendendosi presto conto che questo non è il classico controllo da parte della polizia e cadendo vittima del sadico gioco dell’uomo. La messa in scena di Jacomelli risulta fin da subito gradevole: cattura la nostra attenzione con alcune inquadrature che ritraggono l’asfalto crepato, simboleggiante il confine tra gli Stati ma anche quello tra sanità e follia, e campi ravvicinati di cibo e bocca a cui Coralie Fargeat ci ha abituati con The Substance. Il montaggio riesce a stare al passo con il ritmo pacato ma comunque stimolante e il tutto è incorniciato da una fotografia arida, che riesce a trasmettere il calore del sole cocente sulla pelle. Ciò in cui Blood Star è deficitario sono però le interpretazioni: sia Camacho che Schwab appaiono decisamente impostati e questo risulta grave considerando che i due sono sullo schermo per gran parte del film, accompagnati da una manciata di altri attori di contorno, quasi mai, comunque, all’altezza.

I temi toccati da Jacomelli sono, peraltro, discretamente elaborati: si esordisce accusando una malata e misogina società americana per poi passare a una critica contro una genitorialità marcia e colpevole (Leatherface sarebbe d’accordo). I personaggi principali antagonisti sono ben delineati, il che non basta a garantire, tuttavia, la dovuta originalità a Blood Star, sofferente di una certa dose di prevedibilità che si fa sentire soprattutto nella seconda parte e che ne mina la tensione complessiva. Di certo è interessante notare quanto il film sia, a modo suo, figlio di una società americana che ha mutato le sue macchine di terrore dalla motosega all’automobile, dalla maschera in pelle umana agli occhiali da sole che rispecchiano il secco panorama desertico, ma in fin dei conti quello che ci troviamo di fronte è un esperimento cinematografico solo per metà riuscito, che avrebbe certamente beneficiato di un cast artistico più impattante e di qualche sorpresa in più.