Blue My Mind – Il segreto dei miei anni
2017
Blue my Mind – Il segreto dei miei anni è un film del 2017, diretto da Lisa Brühlmann.
Spesso quando si cresce, quando si diventa adulti, si fatica a riconoscersi con gli occhi del bambino che eravamo. Responsabilità e maturità, direbbe qualcuno, ma il più delle volte è quasi un atto di uniformità. Faccio determinate cose perché è l’età che me lo impone, con un completo snobismo o rifiuto del periodo formativo per eccellenza: l’adolescenza. “Dei gesti compiuti in quegli anni, quasi non ve n’è uno che più tardi non vorremmo sopprimere, mentre ciò che invece dovremmo rimpiangere è di non possedere più la spontaneità che ce li faceva compiere.[…] l’adolescenza è il solo tempo in cui si sia imparato qualcosa”. Marcel Proust docet. L’adolescenza è il periodo complicato della vita che molti vorrebbero annullare, in cui si è tutto e il contrario di tutto, dove si cerca l’individualità mentre si combatte per l’accettazione nel gruppo. Un vero casino che nel cinema ha trovato forme come Thirteen, Kids e, in ultimo, Blue My Mind.
Ma se in aggiunta al caos emotivo i cambiamenti fisici fossero ben più evidenti e preoccupanti del solito? Cosa rischia di scatenarsi nel fragile Io adolescenziale se al nostro corpo accade qualcosa di unico e, proprio per questo, spaventoso? È con queste domande che flirta il film scritto e diretto da Lisa Brühlmann, attrice, sceneggiatrice e regista svizzera classe 1981. Ed è proprio in Svizzera, a Zurigo, che si ambienta, con l’arrivo della giovane Mia (Luna Wedler) in questa città dipinta con freddezza, asettica e repressa. Una nuova vita e una nuova scuola, con i classici problemi che questo comporta: l’essere accettati, trovare un proprio spazio, fare amicizia. Solo che i problemi di Mia non sono classici, poiché mentre si fa amiche le ragazze più popolari e irrequiete della scuola, il suo corpo adolescente inizia a maturare in modi sconosciuti. Blue my Mind è un ritratto generazionale in cui emerge con forza e violenza il mondo al femminile delle teenager. E questa visione, una visione che volenti o nolenti conosciamo bene, esplode nella metafora della diversità, dando voce a un coming of age che scardina il solito iter dei film di formazione. Lisa Brühlmann decide di muoversi negli stessi territori, ma punta a un epilogo che solca il fantastico e nella dolorosa, incontrollata e spaventosa maturazione di Mia, c’è la preghiera di un’autoaccettazione che spesso i giovani non riescono a donarsi.
In tutto questo la prova di Luna Wedler è notevole: Mia è ribelle, bellissima, insicura, osserva il cambiamento incomprensibile portato dalle prime mestruazioni, rito di passaggio femminile che qui acquista un significato particolare, mentre attorno a lei il mondo esiste solo nel qui e ora. Il fumo, l’alcool, i piccoli furti, le azioni sconsiderate di chi vive la vita da invincibile con lo sguardo a un universo maschile predatore, la cui rapacità si ferma alla penetrazione sessuale, senza mai andare oltre. È facile capire perché Blue My Mind abbia diviso pubblico e critica. Se da una parte la Brühlmann è a tratti eccessivamente autoriale, quasi preoccupandosi ansiosamente e con evidente solerzia di esserlo sempre, dall’altra la sua scelta di mostrare la violenta, delicata e così umana fragilità di una generazione in questo modo è originale e potente. E non tutti sono pronti a gestire lo schiaffo. La dualità incarnata che percorre la narrazione, in un simbolismo che potrebbe anche non essere consapevole, tratteggia una ricerca che, in fondo, riguarda ognuno di noi: quella del proprio posto nel mondo.