Boi Neon
2015
Boi Neon è un film del 2015, diretto da Gabriel Mascaro.
Una scena di sesso “pregnant” con il protagonista, Juliano Cazzarrè che si accoppia su un tavolone con un giovane incinta, è lo splendido epilogo visuale di Boi Neon (Neon Bull, in italiano Toro al neon), film del brasiliano Gabriel Mascaro che ci mostra un microcosmo per noi europei lontano anni luce. Iremar, (Cazzaré) lavora, infatti, alle Vaquejadas, una sorta di rodeo assai diffuso nel Brasile nordorientale dove due uomini a cavallo tentano di bloccare e far cadere a terra un toro bianco con la gobba, una razza tipica della zona, afferrandolo per la coda. Di stampo quasi circense, il lavoro è faticosissimo: la compagnia, due uomini, una ragazza, Galega, ballerina e autista del grande convoglio, e Cacà, la sua figlioletta dodicenne o giù di lì, che sogna un cavallo tutto suo, girano nei paesini a ritmi vorticosi, con un camion che rimorchia enormi gabbie contenenti equini e tori.
Sempre in mezzo, dunque, allo sterco animale, i quattro conducono un’esistenza simbiotica alle proprie bestie. Il resto è contorno, anche se Iremar nutre ambizioni di stilista, inventando vestitini per Galega (ma sempre corredati a mo’ di bestiario) mentre il suo pingue assistente sogna solo attraverso le immagini di un unico giornalino porno le cui pagine, appiccicate dal suo sperma secco, sono ormai quasi illegibili. «Ambientato durante la recente fase di rapida crescita economica», spiega il regista, «il film propone una nuova lettura politica e simbolica dei rapporti umani che caratterizzano il Nord Est brasiliano di oggi, dove sono cresciuto e ho sempre vissuto. Il rodeo delle Vaqueiadas (uno dei maggiori eventi agricoli e commerciali del Brasile) sembra essere la giusta allegoria delle trasformazioni che la regione ha subito di recente».
Un film accolto con imbarazzo dal pubblico a Venezia 72: a parte il solito cafone che urla «bella merda» in presenza del regista, degli interpreti e del produttore (basterebbe non applaudire) i commenti fuori sala sono stati vagamente scandalizzati per la scena di sesso («Certo che poteva durare un po’ meno con quella ragazza incinta…»). Non comprendendo appieno quanto Mascaro proprio con quella scena ha voluto comunicare, ovvero «uno studio del corpo, della luce e della trasformazione del paesaggio umano».