Border – Creature di confine
2018
Border – Creature di confine è un film del 2018, diretto da Ali Abbasi.
Coproduzione svedese – danese vincitrice della sezione di Cannes, Un Certain Regard, Border porta sul grande schermo un racconto dello Stephen King scandinavo, John Ajvide Lindqvist (autore del romanzo Lasciami entrare) che, insieme a Ali Abbasi, ha lavorato alla sceneggiatura del film. Proprio come accadeva ai due bambini protagonisti di Lasciami entrare, in Border il confine tra umano e sovrannaturale si assottiglia a tal punto da non riuscire più a distinguere specie, genere (filmico ma anche sessuale), realtà e folklore. La storia è quella di Tina (Eva Melander), donna dall’incredibile bruttezza ma con qualità decisamente fuori dalla norma che le permettono di intercettare, attraverso l’olfatto, vergogna, sensi di colpa, rabbia. Capacità singolari che fanno di lei un’agente di dogana modello: arricciando il naso, con fare animalesco, smaschera spacciatori, alcool di contrabbando, ma anche materiale pedo-pornografico nascosto. Tanto speciale nel suo lavoro quanto disadattata nella vita quotidiana, Tina è un’emarginata sociale che convive con un ragazzo (Jorgen Thorsson) per non sentirsi sola, non ha rapporti interpersonali e gli unici esseri con cui sembra legare sono gli animali che abitano nella foresta attorno alla sua casa.
A sconvolgerle la vita sarà l’incontro con Vore (Eero Milonoff), anche lui con un fascino da primate e qualità percettive molto simili, tali da suscitare una curiosità irrefrenabile verso una prospettiva di vita mai presa in considerazione prima. Al suo secondo lungometraggio Abbasi, iraniano trapiantato in Svezia, debuttò nel 2016 con Shelley, horror incentrato sul tema della gravidanza demoniaca che flirtava con le atmosfere polanskiane. Fu in quel periodo che maturò l’idea di lavorare con Lindqvist per dar vita a un film in cui fantasy e reale si intrecciassero, senza tralasciare un importante lato oscuro. Ed è proprio l’approccio realistico di Border che colpisce nel raccontarci la storia di un outsider che ha sempre pensato di avere “un’anomalia cromosomica” in grado di renderla speciale, convinzione indebolita dall’incontro con il rude Vore, un essere libero e fiero di sentirsi diverso nel nutrirsi di vermi e correre nudo per la foresta.
Più ci si addentra nella storia, più si rimane ipnotizzati dai vari cambi di registri: il viaggio verso la scoperta di se stessi, l’indagine su un caso di pedofilia e l’importante componente fantasy che riesce a unire il genere a una metafora sociale. Un ibrido perfettamente funzionante che riflette sui limiti e confini tra atavici impulsi e moralità della civiltà. Se l’attrazione per Vore è un gioioso senso di vertigine e riscoperta, la consapevolezza di una vita, sino a quel momento basata sulla menzogna, destabilizza Tina che non riesce a capire a quale mondo appartenga. Sensazioni contrastanti che passano dai protagonisti allo spettatore, in balia di una fiaba fantasy dal sapore coming of age. Ma anche il risveglio sessuale ha un approccio fuori dall’ordinario e a dimostrarlo è una memorabile sequenza in cui i confini tra ferinità/umanità, maschile/femminile, si uniscono (con)fondendosi naturalmente tra loro. Border, più che raccontato, va vissuto.