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The Call

2013
Titolo Originale:
The Call
REGIA:
Brad Anderson
CAST:
Abigail Breslin
Halle Berry
Ella Rae Peck

Il nostro giudizio

Brad Anderson firma un film mediocre e facilmente dimenticabile. Unico motivo d’interesse la recitazione sentita di Halle Berry.

Un’operatrice che lavora presso un centralino del 911 (il numero per le chiamate d’emergenza negli Stati Uniti) dovrà mantenere tutto il proprio sangue freddo nel tentativo di salvare la vita a una ragazzina rapita e rinchiusa nel bagagliaio di un’auto. L’operatrice si accorgerà presto di aver già avuto a che fare in passato con il maniaco.

Alla fine della visione di The Call, nuovo film di Brad Anderson, si ripensa sconsolati alla sua filmografia. Possibile che un regista così interessante, colui che potevamo elevare al rango di Autore, che ha partorito opere inquietanti e sottilmente ambigue, abbia partorito un’operina mediocre e facilmente dimenticabile come questa?  Session 9 (2001) e L’uomo senza sonno (2004) sono thriller/horror d’atmosfera che inchiodano lo spettatore.Transsiberian (2008) e Vanishing on 7th Street (2010) non hanno la stessa potenza ma contengono notevoli elementi d’interesse, tanto da distinguerli dai tanti prodotti “directed by Alan Smithee” che si trovano a pochi euro nei cestoni degli store. Poi arriva questo The Call, interpretato con sensibilità ed energia da una notevole  Halle Berry.

A onor del vero il buon Anderson è una seconda scelta; la produzione aveva infatti chiamato a dirigere il film Joel Schumacher, che già aveva dato segni di notevole maestria con killer e telefoni nell’ottimo In linea con l’assassino (2002). Il film parte bene, Anderson se la gioca piuttosto bene in fase di regia, ma non è supportato da una sceneggiatura adeguata. La prima parte, nell’ottica di un convenzionale thriller a filo di telefono è ottima, tesa, nervosa. Da una parte c’è la smarrita Halle Berry, che recita infondendo al personaggio una notevole intensità emotiva; dall’altra la ragazzina dentro il bagagliaio dell’auto, terrorizzata, fragile, impotente. E poi c’è il killer, che è dipinto come una macchina senza pietà e senza emozioni. Ecco, in questa prima parte Anderson riesce ad tenere col fiato sospeso lo spettatore; niente di innovativo o originale, ma intrigante quanto basta per invogliare a proseguire nella visione.

Peccato poi che questa prima promettente parte è seguita da una seconda in cui si butta alle ortiche quanto di buono fatto nella premessa. La sceneggiatura si fa confusa e sfilacciata, le azioni dei personaggi sconclusionate e illogiche. Si toccano punte di ridicolo quando la centralinista abbandona il telefono per scendere in campo e trovarsi nella tana del killer, oppure quando si cerca di dare motivazione psicologica alle turbe del killer, tanto per allungare il brodo di una triste minestra precotta. Ma l’apice non è ancora raggiunto. Eh si, perchè sulle battute finali (tranquilli, non vi roviniamo la “sorpresa”) il film crolla del tutto, il ridicolo diventa imbarazzo, come quando vedi un amico che si sta sputtanando alla grande, e alla chiusura del film lo spettatore rimane così, imbambolato e incredulo. 
 Scorrono in memoria i precedenti titoli di Anderson, e ci chiediamo dov’è che, nel bel mezzo della sua promettente carriera, il regista abbia sbagliato e abbia perso la “retta via”. Il risultato è che non si aspetterà trepidanti il suo prossimo film, ma intimoriti.