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Chain Reactions

2024
REGIA:
Alexandre O. Philippe
CAST:
Patton Oswalt
Takashi Miike
Alexandra Heller-Nicholas

Il nostro giudizio

Chain Reactions è un documentario del 2024, diretto da Alexandre O. Philippe.

Cosa rende il film The Texas Chainsaw Massacre un “classico del cinema americano”? Un gruppo di artisti prova a dirlo in questo documentario di Alexandre O. Philippe dalla struttura classica: diviso in capitoli, interviste in campo medio alternate a primi piani, in un ambiente che richiama le atmosfere del cult e numerosi inserti del film originale. Patton Oswald, Takeshi Miike, Alexandra Heller-Nicholas, Stephen King e Karyn Kusama esplorano questo film ricordando come vi sono entrati in contatto (incredibile l’esperienza di Miike che, rimasto fuori da una proiezione di Luci della città di Chaplin, ripiega sul film di Hooper pensando fosse un film erotico), che significati vi hanno trovato nel tempo e come questo abbia influenzato le rispettive carriere di scrittori, filmmaker, critici. Impressioni personali, ricerche e valutazioni si combinano per restituire l’importanza che questo film ha avuto nella storia del cinema. The Texas Chainsaw Massacre del 1974, in Italia presentato come Non aprite quella porta, è stato realizzato con un budget molto limitato che grazie a un preciso design visivo, l’ideazione di ambienti e figure infernali e una grande capacità di regia da parte di Tobe Hooper ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo del cinema horror americano e internazionale.

I diversi intervistati pongono l’accento su molti elementi che elevano il mito di questo film: il fatto che, essendo autoprodotto, sia stato progettato e realizzato senza dover rispondere ad alcun compromesso; la tematizzazione dello scontro tra ambiente borghese benestante e i redneck dell’area provinciale privati dei loro mezzi di sostentamento; i riferimenti artistici a Francis Bacon, Hieronymus Bosh e Rembrandt; l’inquietudine derivata dal cannibalismo, la ritualizzazione, ma soprattutto dal sotteso ordine gerarchico violento interno al nucleo familiare di Leather Face, travestito e infante . Molto interessanti anche le note sulla circolazione del film: identificato come proibito circolò in diversi paesi esteri anni dopo la sua uscita e giunse tra le mani degli intervistati in versioni diverse. Heller-Nicholas ricorda una VHS completamente gialla, che le fece connettere il film al calore dell’outback australiano di casa sua. L’influenza di Hooper è stata per ognuno un riferimento visuale, ma anche pratico: ad esempio i 16 millimetri con cui Hooper dovette lavorare, rispetto al desiderato 35, nella trasposizione dettero al film una particolare sfocatura che Miike ricercò appositamente usando per dieci anni il 16 millimetri a sua volta.

Dispiace non aver potuto vedere più materiale del dietro le quinte della produzione, o uno sguardo d’insieme sul cinema horror americano e non solo (la “chain reaction” del titolo non poteva proprio riallacciarsi a Bava?), ma si comprende che l’intento del regista è quello di svelare le reazioni al film, il suo lascito. Con le sue parole: «È una versione di Chain Saw sotto forma di racconto di fantasmi, con la storia intrappolata in un ciclo ineluttabile – e potente, poetico, splendidamente realizzato, a volte stranamente comico e certamente, come sempre, terrificante – mezzo secolo dopo aver cambiato il corso del cinema e la storia della cultura di massa.»