Cindy’s love games
1979
Cindy’s love games: vettore del lancio cinematografico di Cindy Leadbetter, il film di Aldo Grimaldi è un erotico molto pepato e divertente.
Visto a distanza di molti anni, ratifica l’impressione che se ne aveva guardando la vecchia cassetta della Cinehollywood, di un erotico molto, ma molto, ma molto spinto, anche considerando che si era nel 1979 e che quindi la linea di confine tra soft e hard in Italia si andava facendo sempre più evanescente. L’arditezza è certamente funzione della quantità di carne che viene messa sul banco, ma non soltanto di quella. E ci deve pure essere una ragione per cui Anna Maria Clementi che di film casti non ne ha praticamente mai fatti, dice che in questo si rivede malvolentieri e con imbarazzo, soprattutto per la scena a letto in cui sta sopra Vassili Karis, dandogli la schiena. E Gegia aka Francesca Antonacci si guarda bene dal contemplarlo in filmografia, nel suo sito: anche lei si fa una lunga cavalcata (prima e unica della sua carriera su grande schermo) sull’arcione di Karis, di cospicuo indice libidico.
Aldo Grimaldi, figlio del più noto Gianni, era uno che allunava nel cinema erotico a fine carriera, arrivando dai Franco e Ciccio e dai musicarelli, con la credenziale di un solo, abbastanza sciapo decamerone (Quando le donne si chiamavano Madonne). Forse conta questa freschezza da neofita a giustificare perché, a petto di altri soft del periodo, questo (prodotto dal meritorio Pino Buricchi) sembri molto più hard. Qualcuno suppone che ne abbiano fatta una versione porno esplicita, di cui qualcun altro crede resti traccia nella vhs italiana della Number One, che controllata, dà però esito negativo – salvo che per hard intendano le scene inondate da una luce rossa, quando nella Rolls di Gozlino Cindy Leadbetter offre delle spaccate viste da dietro effettivamente poco consuete. Quanto a una versione tedesca che circola insertata con pezzi porno, si tratta di un falso piuttosto evidente.
Che Cindy’s Love Games schieri in scena forze, per così dire, molto familiari agli amanti di bis italiano, oltretutto con un bel doppiaggio, contribuisce a renderlo gradevole aldilà dell’erotismo. Da Cindy Leadbetter, americana di un certo talento (sapeva stare davanti alla macchina da presa) battezzata sulle pagine di Playmen come ragazza del mese nel dicembre 1977, ad Anna Maria Clementi, che raccolse il testimone nel numero successivo del gennaio 1978; da Vassili Karis, in quel periodo convertitosi al sexy spinto (Le porno killer, La bestia nello spazio) un po’ per celia un po’ per non morire, a Maurice Poli che, pure lui, si andava affiliando alle cochonneries (Papaya dei Caraibi e poi tutto il ciclo gaburro-fogazzariano) come rimedio al tramonto degli altri generi dei Settanta; fino al grande Paolo Gozlino, che non si sa se faccia più tenerezza o tristezza veder ballare in discoteca, con le mossette, mentre la mdp, con tecnica squisitamente massaccesiana, spia da sotto l’infracosce della Leadbeatter. Carlo De Mejo fa la macchietta di un onorevole puttaniere ed è gustoso. La Clementi legge, tra un amplesso e l’altro, i tarocchi, da buona cultrice delle arti esoteriche qual era ed è nella realtà. La nera bisex del triangolo a letto con Poli e la Leadbetter dovrebbe essere certa Diana Da Cruz, bruttarella e poi vista soltanto nel Cappotto di legno di Manera.