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Clark

2022
REGIA:
Jonas Åkerlund
CAST:
Bill Skarsgård (Clark Olofsson)
Vilhelm Blomgren (Tommy Lindström)
Isabelle Grill (Madou)

Il nostro giudizio

Clark è una serie tv del 2022, diretta da  Jonas Åkerlund.

Il 23 agosto 1973, Jan-Erik Olsson tese un’imboscata alla Svenska Kreditbanken a Stoccolma e prese in ostaggio quattro persone. Chiese soldi e un’auto per la fuga e pretese che il criminale Clark Olofsson venisse  liberato e consegnatogli dalla prigione. Cosi fu. I giornalisti, posizionati all’esterno del luogo di prigionia, erano avidi di foto, e gli agenti di polizia fecero piani di intervento. All’interno si sviluppò una relazione emotiva tra gli ostaggi e i loro rapitori, in cui le vittime si innamorarono del  carnefice. Successivamente, per descrivere questo fenomeno fu coniato  il termine “Sindrome di Stoccolma”, che divenne noto a livello globale. Tuttavia, ancora oggi non è incluso nel manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, il cosiddetto sistema ufficiale di classificazione psichiatrica, ed è considerato scientificamente controverso. Ma la storia che lo ha generato è accattivante, e questo dovrebbe bastare per una serie Netflix di sei episodi. Ma non è Olsson il protagonista, bensì Olofsson,il rilasciato, l’uomo che viene definito il primo “celebrity gangster” svedese e che il regista Jonas Åkerlund (noto per i video musicali di The Prodigy, Lady Gaga o Beyoncé e per il film Lords of Chaos) pone in una luce meno accessibile. A interpretarlo l’attore Bill Skarsgård, bella faccia da duro, famoso per aver impersonificato il clown Pennywise in It.

Criminale narcisista, Clark è anche il narratore più improbabile dello show. “È la verità e nient’altro che la verità”, assicura agli spettatori all’inizio del primo episodio, poco dopo la scena della sua nascita. Poi la serie continua mostrandolo nella sua vita di bambino e adolescente. Sempre in primo piano: criminalità e sesso. Nel corso delle puntate finisce ripetutamente in prigione, evade di nuovo, guadagna notorietà e talvolta ammirazione in Svezia. Quanto ci sia di vero in mezzo, le conversazioni con gli amici e sua madre, con gli acerrimi nemici e lo psicologo, rimane nell’oscurità. I titoli di coda chiariscono: c’è molta autobiografia dello stesso Olofsson in esso. Le altre fonti rimangono nascoste. Il risultato è un focus sulla prospettiva dell’autore del reato, stabilito dall’autore stesso. A parte rapine in banca e furti con scasso, si tratta soprattutto di sesso. Clark “si innamora” costantemente, anche nelle storie della sua infanzia. Ma quello che lui chiama amore spesso ha la durata di un amplesso. Le donne sono donne oggetto, nella maggior parte dei casi presenti esclusivamente per il piacere di Clark. Una delle poche eccezioni è Maria, che lo aiuta a fuggire dalla prigione. È anche una delle poche persone a cui è concesso un po’ di sviluppo del personaggio.

Il personaggio di Clark si sviluppa a malapena. Rimane un narcisista che usa sempre gli stessi trucchi e commette sempre gli stessi errori. Chi non lo asseconda verrà scaricato. Solo i ricordi della sua infanzia danno al personaggio un po’ di profondità, diventando sempre più concreti, brutali, onesti, qualità che avrebbero fatto bene al resto della storia, che invece si cerca di presentare in modo divertente, caratterizzata da esperienze attive e passive di violenza. Un esempio:quando Jan-Erik Olsson spara alla guancia a un poliziotto mentre sta prendendo degli ostaggi, borbotta le sue imprecazioni costringendo un agente a interpretare. L’orrore dell’atto di ferire una persona in questo modo viene ridicolizzato. La narrazione veloce, la macchina da presa, i filtri cambiati a seconda del decennio in cui si svolge la storia e anche la recitazione di Skarsgård, niente di tutto questo può nascondere il fatto che manchi qualcosa. Sia nello splendore delle dimore che Clark visita o in cui fa irruzione, sia sulla cuccetta della spoglia prigione, sia nella fogna o su un veliero nell’Atlantico, non si riesce mai davvero ad avvicinarsi a Clark Olofsson. La gioia o la tristezza, persino il disprezzo per il personaggio protagonista sono difficili da sviluppare anche nei suoi momenti più profondi.