Companion
2025
Companion è un film del 2025, diretto da Drew Hancock.
Ci sono film che lasciano intravedere chiaramente il loro sforzo di costruzione, dove vogliono parare, l’ansia di costruire la metafora: Companion è uno di questi. L’opera di Drew Hancock, dal 30 gennaio in sala, si apre sulla voce fuori campo di Iris (Sophie Thatcher) che racconta come ha conosciuto Josh (Jack Quaid), un tenero incontro al supermercato mentre il ragazzo fa rotolare le arance. Diventerà il suo fidanzato. I due giorni più belli della sua vita, ci informa, sono quando l’ha conosciuto e quando l’ha ucciso. Da qui si dipana l’intreccio, all’interno di una cabin in the woods: un gruppo di amici si riunisce nella casa del bosco. Poco dopo – no spoiler, è già nel poster – si scopre che Iris è un robot: una fidanzata androide che Josh si è comprato, pardon noleggiato, e che chiama maschilisticamente fuckbot, un robot da scopata. Nel futuro-presente allestito dal film, infatti, una donna bionica fatta di AI si può comperare scegliendo le caratteristiche, bionda o mora, occhi chiari o scuri, ma non solo, c’è anche la percentuale dell’intelligenza da settare: non sorprende che il maschio stronzo tenga la “donna” inchiodata al 40%… Detto questo, la riunione nella baita è un complotto: Iris è stata modificata ad arte per farle uccidere Sergey (Rupert Friend), il russo gretto e patriarcale, così da rubare i dodici milioni di dollari che tiene in cassaforte. Un piano perfetto: Iris viene messa a disposizione, l’uomo si appresta a violarla, lei reagisce e lo ammazza per legittima difesa… Visto che è un robot, non è colpa di nessuno. Ma qualcosa va storto, ovvio: Iris, insieme all’altro robottino del mazzo, il modello gay Patrick, inizia a prendere coscienza di se stessa e reagisce, dando inizio alla carneficina.
Molti temi si intrecciano in questo titolo della Warner, co-prodotto da Zach Cregger già responsabile di Barbarian, opera citata fin dalla locandina tentando di costruire un paragone. Di base Companion è una sci-fi del presente, ossia postula un oggi che è solo un passo di lato dalla realtà, condita da una spruzzata horror e in particolare splatter, nella seconda parte che diventa una resa dei conti all’ultimo sangue, seppure ampiamente mitigata per un pubblico commerciale. Ben presto il film denuncia tutti i suoi “problemi”: il primo è una confusione narrativa, che lo rende incerto su quale strada prendere e finisce per disorientare chi guarda. Mi spiego: Companion è una riflessione sull’avvitamento omicida dell’Intelligenza Artificiale, che è sempre colpa dell’uomo, oppure inscena un processo di emancipazione della donna? Il punto è che prova a fare tutti e due: in soldoni i robot si ribellano agli umani, rivelandosi migliori, ma il robot è anche una donna e quindi la sua rivolta assume un sapore politico e contemporaneo. Ma qual è il vero approdo, cioè il racconto ci invita a considerare un androide
di ultima generazione come donna vera? Costruisce una metafora contro il patriarcato per interposto robot? Insomma, la cosa non funziona.L’altro punto di stridore è più, diciamo, generale: ormai quando si vede questo tipo di fantascienza colpisce che essa venga presentata come un’acuta intuizione del domani, quando è già così, è successo, stiamo parlando del presente. I migliori episodi di Black Mirror avevano già detto tutto. La magnifica Megan Fox di Subservience ha appena incarnato l’ambiguità di un’androide domestica. Dopo il software che riproduce qualsiasi voce umana, dopo Trump e Musk che vanno su Marte, arriva un Hancock a spiegarci che l’uso sconsiderato dell’AI può essere pericoloso? Insomma… Detto ciò, al film concediamo un minimo “piacere della visione” e gusto della dinamica, se ci si accontenta di una regia di prammatica e un parco attori non particolarmente dotato (da rivedere il figlio di Dennis Quaid). E c’è un’affascinante chiave concettuale che va verificata nei prossimi anni, la stessa idea che avvolgeva The Creator di Gareth Edwards, sottovalutato: nel conflitto tra uomini e androidi alla fine i prodotti dell’Intelligenza Artificiale si rivelano molto più umani della nostra razza. Un caso? Io non credo.