Contagious – Epidemia mortale
2015
Contagious – Epidemia mortale è un film del 2015, diretto da Henry Hobson.
Evidentemente si sente il bisogno, in questi anni di zombismo, di usare i morti viventi per raccontare qualcos’altro. Come se non ci avesse già pensato George A Romero cinquant’anni fa. E così, dopo i putrefatti innamorati di Warm Bodies, quelli in crisi di Burying the Ex e Life After Beth, e quelli sessualmente attivi di Contracted, ci mancavano pure quelli famigliari di Contagious – Epidemia mortale. Il rapporto padre e figlia può essere complicato, si sa, specie se la daddy’s girl di turno si trasforma lentamente in un sacco di pus ambulante. Anche perché lei, la zombetta, giustamente ha i suoi appetiti che sono quelli di una teenager scapestrata… Ciò che colpisce in Contagious – Epidemia mortale, diretto dall’esordiente Henry Hobson, a differenza del film di Dante o di quello di Levine, è la totale mancanza di ironia. Avere uno zombi per casa, infatti, mette in crisi il rapporto affettivo dei genitori e il padre, che più di ogni altro non si dà pace, arriva persino a rifiutarsi di sbattere la sua piccola zombettina in quarantena.
Contagious – Epidemia mortale è un film conservatore come pochi, con la giovinetta, interpretata da Abigail Breslin, che è stata infettata dopo aver abbandonato il focolare domestico e che trova espiazione alle proprie colpe in punto di morte tra le braccia del padre comprensivo. E come un vero e proprio lacrima movie, nel momento della trapasso – pardon, della resurrezione – tenta oscenamente la carta del patetico. Henry Hobson che in precedenza si era occupato della sigla di The Walking Dead, tanto per rimanere in tema, lo ha diretto per non si capisce bene per quale tipo di pubblico. Non certo per i giovanissimi amanti dello slasher, ma neanche per i borghesi del dramma famigliare. Se poi si considera che il padre della zombetta lo interpreta lo spaccatutto Arnold Schwarzenegger, la crisi di identità è inevitabile.
Le frecce che restano all’arco di Contagious – Epidemia mortale, nella totale latitanza dell’elemento non vogliamo dire gore ma anche solo orrorifico nel senso più ampio e vago del termine, sono una certa atmosfera apocalittica che si respira nel colore violaceo e cinereo dei cieli e nella sensazione di abbandono che si sta impadronendo del mondo, preda di un misterioso contagio globale. Ma è davvero sorprendente che in un film di zombi, anche se sfruttati per realizzare quello che Romero definiva un “commentario sociale”, manchino proprio loro, gli zombi. A parte un paio di morti viventi che Schwarzenegger disinnesca sfasciandogli la testa, senza che, però, sullo schermo si veda assolutamente nulla.