The dead Zone – Stagione 1
2002-2007
Dai creatori Michael e Shawn Piller, padre e figlio la serie tratta dal romanzo di Stephen King.
Il professore Johnny Smith aveva quella che lui stesso definiva una vita perfetta: una fidanzata che lo amava, una madre che lo accudiva, una carriera in continua evoluzione, finché un bel giorno il destino gli ha giocato uno scherzo crudele. Un incidente di macchina l’ha spedito in coma per sei anni; al suo risveglio nulla era più come prima: la madre era morta, la fidanzata si era sposata con un altro dopo aver dato alla luce un figlio che non sa neanche che lui è il suo vero padre e la brillante carriera era ormai ridotta a un cumulo di macerie. Ma Johnny da quel lungo periodo di sospensione tra la vita e la morte ha portato indietro un dono: la capacità di predire il futuro delle persone con cui viene in contatto. Un dono che gli permette di vedere cose che possono cambiare il destino dell’umanità. Questa è l’abilità che gli proviene da quella parte di cervello inutilizzata che viene definita la “zona morta”.
Riprendendo un concetto espresso già qualche mese fa dal sottoscritto nel Nocturno Dossier dedicato a Stephen King, “il maestro dell’horror più ricco d’America è come il porco: non si butta via niente”. Non importa se di un libro è già stato fatto un film o una trasmissione radiofonica o ancora uno show televisivo, si può sempre trovare il modo di riciclarlo in qualche altro formato. La zona morta (o meglio The Dead Zone) non fa eccezione. Del romanzo datato esiste già una versione cinematografica diretta da David Cronemberg (non il suo film migliore, diciamoci la verità) e adesso ecco arrivare puntuale anche il serial televisivo.
Nelle mani dei creatori Michael e Shawn Piller, padre e figlio tra le menti pulsanti che stanno dietro a Star Trek: Deep Space Nine e Vojager, il disperato e tormentato Johnny Smith di kinghiana memoria si trasforma in una sorta di investigatore del paranormale votato, chissà poi perché, all’autoflagellazione pur di togliere le castagne dal fuoco a qualsiasi sconosciuto gli capiti a tiro. Non sto dicendo che il serial sia poi così brutto, anzi il pilot (le due puntate Wheel Of Fortune e What It Seems) che segue fedelmente la prima parte del romanzo, serial killer compreso, è all’altezza delle aspettative. Gli effetti speciali, quasi tutti di computer grafica, sono appropriati e congeniali al piccolo schermo e gli attori, con Anthony Michael Hall (ve lo ricordate adolescente sfigato in Sixteen Candles e The Breakfast Club?) in testa, hanno tutti i volti giusti e sono convincenti (una menzione speciale la merita la freschissima Nicole CubeDeBoer).
La serie si affloscia però un po’ nella parte centrale, dove vengono accantonate le pagine di King e le avventure di Johnny si stemperano in tante puntate autoconclusive in cui si da uno spazio marginale alla continuity e agli sviluppi dei personaggi di contorno. Il finale è però di quelli col botto, con due puntate (Dinner With Dana e Destiny) al cardiopalma in cui si riprendono gli apocalittici fili dell’intreccio kinghiano e Johnny si troverà combattuto tra il desiderio di inseguire una chimera e l’imbarazzo/paura di intraprendere una nuova, pericolosa relazione…