Die Kinder der Toten
2018
Die Kinder der Toten è un film del 2019, diretto da Kelly Copper e Pavol Liska.
Tratto liberamente da un romanzo della scrittrice premio Nobel austriaca Elfriede Jelinek, la prima di Die Kinder der Toten è avvenuta al Festival internazionale del cinema di Berlino l’8 febbraio 2019, dove il film ha vinto un premio FIPRESCI per la sezione Forum, l produttore del progetto è il regista austriaco Ulrich Seidl. Nazismo, necrofilia, incesto: una coppia di registi americani ha adattato un romanzo della Jelinek senza averlo mai letto, apprendendolo da persone che invece lo avevano fatto, rielaborandolo in maniera originale ma riproducendone sicuramente lo spirito. Il risultato è sarcastico, disgustoso, insulso e molto divertente, volendo. Si parte dal presupposto che quasi nessun altro paese odia se stesso con tanto fervore come l’Austria: che si tratti di Thomas Bernhard, di Elfriede Jelinek o di Ulrich Seidl, l’autoaggressività culturale è così profondamente inscritta in molte opere che la vecchia definizione di “Felix Austria” risulta autoironica. Così la coppia di registi Kelly Copper e Pavol Liska, che proviene dalla performance art e di solito appare sotto il nome di “Nature Theater of Oklahoma”, nella sua opera prima fa riferimento, nel titolo e nella trama – anche se qui a parlare di trama si è molto generosi – , agli innumerevoli film sugli zombi e i morti viventi a partire da George Romero & Co.
Die Kinder der Toten appare come un dipanarsi di diversi episodi sullo sfondo di una sbiadita Stiria spesso coperta da plumbee nuvole: oltre che con gli zombi facciamo conoscenza con una coppia composta da una vecchia madre arcigna e sua figlia adulta, che si odiano con una cattiveria tipica dei personaggi della Jelinek, per quanto riguarda le figlie. Poi incontriamo una guardia forestale depressa, turisti olandesi in gita con un autobus e un gruppo di poeti siriani che si fa strada verso la grottesca Pensione Alpenrose. Molti dei personaggi sono sottoposti a macabri primi piani che ricordano quelli del cinema espressionista tedesco. Più tardi, assisteremo ad una danza selvaggia che degenera in una battaglia a pesci in faccia, pesci semi-vivi e disgustosi che sarebbero destinati alle pietanze degli avventori dell’albergo, ma anche scene di sesso senza pudore tra vivi e morti. Nel centro del paese, di notte, grazie alla fuga di anime dall’al di là, si genera una parata di Carnevale “di noti austriaci defunti” e così, tra Mozart, piloti di Formula 1 e tanti ebrei, appare anche lui, Hitler… Se tutto ciò sembra folle, è perché è tutto piuttosto folle – nel senso migliore del termine. Copper e Liska si divertono a immaginare scene insensate e l’ensemble di attori dilettanti le realizza con bravura, persino i bovini della Stiria ci fissano con espressività e ironia bucando lo schermo.
Tutto il sangue e la carne nel film, il sesso e soprattutto il mangiare e il masticare della gente sono ripugnanti. E se gli zombi con la svastica danzano insieme a quelli con la stella ebraica, anche questo è completamente stomachevole, mai considerato con occhio benevolo. Non ci sono tabù per Copper e Liska, forse perché come americani sono liberati da ogni peso morale della storia tedesco-austriaca, ma non c’è neanche nessuna volontà di ricucire o dare speranze ad un genere umano che viene ritratto in tutto il suo cinismo e la sua crudeltà in ogni tipo di rapporto, dai legami familiari più stretti a quelli tra popoli e razze. Da questa spensieratezza e libertà di pensiero nasce un parodia di un film patriottico anarco-trash in cui i registi mettono in scena l’empia resurrezione dei morti nello stile del film muto: le registrazioni in 8mm sgranate sono sbiancate e disseminate di crepe e macchie, di tanto in tanto il materiale è malamente tagliato e invece del suono originale sentiamo improbabili effetti sonori. Il taglio è spesso frenetico, il lavoro della macchina da presa è volutamente da dilettanti. Die Kinder der Toten è un lungometraggio apparentemente senza meta che richiede una reazione forte da parte del pubblico; essere indifferenti a questo grottesco sfrenato è quasi impossibile, è un’opera che si ama o si odia. Ed è un tipo di film che vorremmo vedere più spesso non solo alla Berlinale, ma anche in altri festival cinematografici.