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Don’t Worry

2024
Titolo Originale:
TKT
REGIA:
Solange Cicurel
CAST:
Lanna da Palmaert (Emma)
Emilie Dequenne (madre)

Il nostro giudizio

Don’t Worry è un film del 2024, diretto da Solange Cicurel.

Il titolo originale è TKT, che in francese è l’acronimo di T’inquiete, a sua volta abbreviativo di “Ne t’inquiète pas”, insomma non preoccuparti. Ecco quindi il Don’t Worry del titolo internazionale, presentato al Tallinn Black Nights Film Festival nella sezione collaterale autonoma Just Film. Un piccolo film belga di 83 minuti, diretto dalla regista Solange Cicurel, che viene centrato su un forte elemento di genere: all’inizio vediamo la sedicenne Emma (Lanna da Palmaert) trasportata d’urgenza in ospedale, che entra in coma. Subito dopo la sua proiezione astrale, il suo avatar, forse il suo “spirito”, insomma la sua immagine esce dal corpo e comincia a vedere se stessa esanime nel letto. I genitori sono disperati (la mamma è Emilie Dequenne, la Rosetta dei Dardenne). La situazione in divenire. Da questo principio si sviluppa il racconto, ma lo diciamo subito: il debito è con Amabili resti, il film di Peter Jackson tratto dal romanzo di Alice Sebold, con la figura fantasmatica di Saoirse Ronan che fluttua nel nostro mondo per trovare il suo assassino. Qui non siamo alla morte ma al coma, eppure il congegno è lo stesso: ecco allora Emma che si muove tra la vita e il suo contrario, non sappiamo come finirà ma lo “spettro” può vedere gli altri, se stessa e il mondo intorno, e anche riavvolgere il nastro per esaminare la storia dall’inizio, farci capire cos’è successo.

E di cosa si tratta? Muovendoci con l’astrale Emma, apprendiamo in fieri la sostanza della vicenda. C’è una sedicenne in Belgio oggi, una ragazza abbastanza normale, inserita nel contesto e a suo agio nel college movie, ossia nella classe di coetanei che l’accompagna nella traversata dell’adolescenza. Amiche, compagne, ragazzo, più o meno la solita roba: ovviamente inserita nell’esposizione social di oggi, dove i messaggi corrono su WhatsApp e un fatto diventa vero quando si fa una storia su Instagram. Tutto abbastanza ordinario, insomma, finché… Emma si allontana dalla tresca attuale e conosce un altro ragazzo, come farebbe qualsiasi adolescente; e – sempre normalissimo – si lancia in una pratica di sesso orale col nuovo partner. Solo che, per una serie di circostanze, la giovane viene filmata e il video si diffonde sui noti canali, divenendo uno scherzo stupido e dannoso tra compagni e compagne, in breve lo vengono a sapere tutti. Non si può neanche più fare un pompino in pace?

La vita della ragazza in aula si fa sempre più difficile, con i teenager che la prendono in giro e mimano fellatio; la dinamica ricorda lo splendido Mia di Ivano De Matteo anche se qui non è tecnicamente revenge porn ma una condivisione generalizzata, sciocca, che forse non si rende neanche conto del male che fa, ma lo fa lo stesso. Presto l’invito del titolo, “non preoccuparti”, diventa antifrastico: perde di senso e non ha più valore. La povera Emma si preoccupa eccome, sempre di più, subisce un graduale accerchiamento fisico e psicologico e così si intravede il punto di approdo della storia, ovvero il motivo per cui ora si trova in coma… Senza dire oltre il film ha il pregio di partire dal genere per lanciare il suo messaggio sociale, uscendo dal consueto realismo per passeggiare nel territorio dei fantasmi; è anche vero che nell’ultima parte abbandona il sovrannaturale, un po’ se lo perde per strada preferendo inscenare la morale anti-bullismo in modo didattico, simboleggiata dai docenti che stigmatizzano gli autori del gesto. Alla fine ci sono anche gli estremi da contattare se vedete bulli al lavoro. Tant’è, comunque merita la visione.