Doppio passo
2012
Doppio passo è un film del 2023, diretto da Lorenzo Borghini.
La cronaca è piena di calciatori che finiscono male. Non serve citare il triste caso di Agostino Di Bartolomei, l’ex capitano della Roma che decise di darsi la morte il 30 maggio 1994, e che fu lontana ispirazione per L’uomo in più di Paolo Sorrentino. Certo è che esiste un mondo del calcio lontano dai lustrini, a distanza siderale dagli stipendi milionari e dai tifosi osannanti (o insultanti, dipende). Campi bucati di periferia che garantiscono una paga di mille euro al mese, quando va bene, o anche peggio per continuare a fare il proprio lavoro. È ciò che racconta Doppio passo, l’esordio al lungometraggio di Lorenzo Borghini, o meglio il terreno che calpesta, l’umore di cui si avvolge. Il protagonista è infatti Claudio Russo (Giulio Beranek), capitano della Carrarese Calcio, che viene omaggiato dai sostenitori con lo stesso coro di Totti: “C’è solo un capitano”… Ma non è così per la proprietà: dopo la trascinante promozione in serie B, che dovrebbe aprire nuove e ricche porte, il presidente consegna il benservito all’amato condottiero, perché costa troppo ed è già avanti con l’età, bisogna ringiovanire. Sic transit gloria mundi.
Dalla serie cadetta alla disoccupazione il passo è breve, non doppio: l’agente di Claudio non riesce a ricollocarlo e l’uomo resta a piedi. Il mercato si chiude senza offerte, i selfie che chiedevano a lui adesso li chiedono ad altri. Purtroppo, però, insieme alla moglie aveva già preso l’impegno di avviare l’agognato ristorante, denaro compreso. E per trovare i soldi necessari dovrà rivolgersi a un “amico”, che poi tanto amico non è, visto che si rivelerà essere uno strozzino… Inizia così per Claudio la discesa all’inferno. Ma davvero un calciatore può andare così indietro sino a scivolare nel fango, e poi nell’abisso, dopo che il suo nome veniva urlato allo stadio? Non solo può, ma è anche plausibile, come dimostra la messinscena di Borghini, regista classe 1988, che la spiega con parole semplici e precise: “È la crisi di un uomo che ha perso il lavoro”. Come l’operaio può finire per strada, oppure il rider per essere più contemporanei, così anche un giocatore di calcio. Questo è. Il personaggio di Claudio viene seguito spesso con camera a mano, che si rivela funzionale perché serve per restituire le peripezie in modo traballante e precario, così come diventa all’improvviso la sua esistenza.
Nella prima parte lo sportivo subisce il licenziamento, che avviene peraltro dal presidente interpretato da Bebo Storti, e innesca la parabola di colui che perde tutto, non più in grado di offrire certezze alla compagna. Nel segmento successivo si piomba nel noir: Claudio per ripagare un prestito deve trasportate un carico, un classico, e diviene pedina di un autentico crime le cui fila sono tirate dall’amico/nemico Sandro, col volto inquietante di Giordano De Plano. Il racconto è tutto sommato tradizionale, segue la strada senza uscita del protagonista ed entra con lui nel tunnel, inscenando gli archetipi del “pasticcio” criminale che sono come le sabbie mobili, più ti dibatti e più vieni inghiottito invece di riemergere. Oltre ai solidi attori, oltre alla regia, la materia trattata è il vero punto di forza, questa sì piuttosto inedita, col coraggio di non chiudersi nel solito lieto fine. Doppio passo ribalta la retorica della vittoria intrinseca nel gioco del calcio: qui la sconfitta è radicale e senza appello. Bisogna solo restare vivi. Se possibile.