
Dreams
2025
Dreams è un film del 2025, diretto da Michel Franco.
Ogni guerra ha i soldati che si merita
Pol Pot (forse)
È passato poco più di un mese da quando Babygirl è uscito nelle nostre sale italiane, così dalla Berlinale Michel Franco ci ha accolto con Dreams che, a prima vista, potrebbe sembrare fare da eco al film ingenuo di Halina Reijn, passato e fin troppo coccolato a Venezia. Se in Babygirl c’era tutto un discorso in bilico tra l’abuso di potere applicato da una donna all’uomo, e ai desideri inespressi di una certa generazione di donne, Michel Franco sposta il focus sui metodi moderni – ma non meno pervasivi – di fare colonizzazione oggi: scopando. Dopo il disastro tragicomico di Memory, Jessica Chastain si riunisce col regista messicano nelle vesti di una cougar filantropa Jennifer McCarthy, che oltre sostenere un’attività a San Francisco sponsorizza ballerini stranieri nei loro paesi d’origine, tra cui il suo amante Fernando (Isaac Hernandez). Facendo parte della élite Jennifer tiene nascosto il suo rapporto con Fernando iniziando, in questo modo, un tira e molla basato sulla tossicità, l’ostracismo della famiglia di lei, i sospetti della famiglia di lui (dove la madre percepisce una sorta di sperimentazione antropologica sul figlio) e l’invidia dei compagni ballerini che guardano male un messicano pronto a “rubare il lavoro” (fun fact: Hernandez è diventato il primo ballerino messicano dell’American Ballet Theatre).
Sembrerebbe una storia d’amore, inizialmente: ma questa non è una storia d’amore, a meno che l’amore non sia una forma di potere che esercitiamo con ogni mezzo – brutale o meno – sugli altri. La chimica tra Chastain ed Hernandez è fantastica, lei si rivela sgradevole quanto dolce, fragile quanto impiegabile: Jennifer è una dark lady contemporanea che usa i soldi, gli stessi che userebbe per le attività di filantropia, per mettere una bandierina di conquista su cose e persone, e una di queste persone è il suo amante. Lei lo vorrebbe relegato in Messico, lui sogna il riscatto fasullo che Hollywood vende agli stranieri. Lei va e viene dal Messico come in una seconda casa al mare, lui è costretto a subire tutto l’umiliante iter a costo della sua vita per poter riposare nel letto di lei a San Francisco e raggiungerla illegalmente. Franco segue in modo lucido e distaccato le peripezie del ballerino per arrivare a casa del suo Pigmalione donna, e mette in scena fin da subito tutte le disparità che rendono evidenti a tutti – tranne al ragazzo – che quella coppia non può esistere: lei ha vent’anni in più, ha una disponibilità economica vastissima, ha un modo di concepire il sesso con lui completamente spersonalizzato.
Fernando è un giocattolo sessuale esotico per donne bianche cis etero solitarie (e qui Franco strizza un occhio a Seidl e ai suoi Paradise). Visto che il destino manifesto degli Stati Uniti è compiuto, agli americani o ai colonizzatori in generale non è rimasto altro territorio di conquista se non il cuore delle persone. Il regista convince fino a un certo punto (a Berlino non vince, ingiustamente, nulla), confeziona con Dreams un buon film da concorso che, nonostante lo sfondo non così velato di critica sociale, non si dimostra pesante, egoriferito o moraleggiante. Il problema di Dreams è avere lasciato la risposta rabbiosa del “colonizzato” agli ultimi frettolosi dieci minuti, quando avrebbe potuto costruire una seconda parte grandiosa davvero con l’occhio chirurgico di un Haneke dei bei tempi (quello de La trilogia della Glaciazione). Se per i Beatles “l’amore è la risposta”, per Michel Franco inculare il prossimo sono le uniche azioni e reazioni possibili in un mondo fatto di brutalizzazioni di genere, di classe e di etnia.