Emmanuelle l’antivergine
1975
Emmanuelle l’antivergine è un film del 1975, diretto da Francis Giacobetti.
Emmanuelle corre ancora dal marito Jean che si trova a Hong Kong per lavoro. Durante il tragitto e una volta arrivata a destinazione la donna saprà bene come dar sfogo al suo passatempo preferito con uomini e donne. Ad intrigarla questa volta è però la giovane Anna-Maria e la sua purezza. Anche l’amico di Jean, Christopher, la turba particolarmente, ma saprà resistergli quando scoprirà il modo in cui tratta le donne… Visti i risultati del primo capitolo, la Trinacria Films si butta subito sul secondo romanzo della Arsan, L’antivergine, affidandone il timone ancora una volta a un fotografo, il quotatissimo Francis Giacobetti (sue alcune memorabili immagini di Vogue, Lui e Stern), ma coadiuvandolo per precauzione con un vero regista, Francis Leroi (che aveva curato in parte anche la sceneggiatura). Il risultato non è certo da buttar via. Pur mantenendo la noiosa struttura a siparietti, dove il ritmo è scandito dalle varie performance erotiche dei protagonisti, Giacobetti/Leroi riescono in qualche modo a dare uno spessore maggiore ai personaggi, merito anche della presenza di un attore espressivo e navigato come Umberto Orsini, che ha preso il posto di Daniel Sarky nel letto e nel cuore di Emmanuelle. L’antivergine forza anche la mano sull’aspetto erotico e, nonostante il continuo riproporsi di un’atmosfera glamour e patinata, i momenti caldi del film non mancano di raggiungere l’obbiettivo.
Si comincia con una sequenza lesbica a bordo di una nave, dove le mani di Emmanuelle si insinuano tra le mutandine di una bella sconosciuta con un close up ben al di là del lecito (almeno per gli standard dell’epoca) e si finisce con la scena ormai cult del bagno turco, dove la nostra eroina e il marito Jean, complici tre disponibili massaggiatrici, riescono a portare per la prima volta all’orgasmo la virginale Anna Maria (la diciannovenne Catherine Rivet). Nelle scene citate è doveroso segnalare due cammei d’eccezione: sulla Love Boat, tra le tante occupanti il dormitorio comune, si riconosce per una manciata di secondi la vera Emmanuelle Arsan, che anni dopo avrebbe ancora tentato la carriera d’attrice a fianco di Annie Belle in Laure; mentre la massaggiatrice responsabile dei gemiti di piacere della Rivet è interpretata dall’esotica Laura Gemser, la splendida attrice indonesiana che proprio in quegli anni avrebbe sbancato al botteghino italiano con Emanuelle nera. Un cross over mica da poco se si considera che Sylvia Kristel guardandola in azione confida a Orsini: «Che strano, anch’io avrei scelto lei!». In realtà, la Gemser in L’antivergine c’è finita perché amica intima di Giacobetti che l’aveva immortalata per un servizio fotografico su Lui. Strani casi del destino.
Fatto sta che questo secondo capitolo di Emmanuelle riesce dove il primo aveva fallito cioè a coinvolgere lo spettatore. Sarà per l’ottimo utilizzo dei colori (contrasti cromatici molto forti che vanno dal blu glaciale all’arancione più avvolgente) che conferisce alle tante scene di sesso un’atmosfera surreale e quasi onirica; sarà che Emmanuelle questa volta non viene dipinta come una povera ninfomane che la dà via come il pane al primo che passa, ma, anzi, sa fare le sue scelte (non molte per la verità!); sarà che il tema dell’iniziazione sessuale di una vergine non può lasciare indifferenti o che ormai le malinconiche e bellissime musiche di Fracis Lai ci sono entrate nel cuore; fatto sta che Emmanuelle l’antivergine è uno di quei rari casi in cui un sequel conquista di gran lunga più dell’originale. La sorte del film, una volta approdato sui lidi italici, è stata bene o male simile a quella del precedente. Indignazione, denunce e gravi amputazioni censorie. La versione circolata sia al cinema che in videocassetta (discorso diverso per quella uscita in DVD) presenta tanti e tali tagli da ammazzare qualsiasi emozione. Un lavoro da macellaio che non ha però impedito alla pellicola di occupare una più che dignitosa posizione negli incassi della stagione.