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Escape Room

2019
Titolo Originale:
Escape Room
REGIA:
Adam Robitel
CAST:
Taylor Russell (Zoey Davis)
Logan Miller (Ben Miller)
Jay Ellis (Jason Walker)

Il nostro giudizio

Escape Room è un film del 2019, diretto da Adam Robitel.

Oggi il genere horror si può dividere tra due filoni: da una parte un provvidenziale neoclassicismo, memore dei bei tempi che furono, con ancora voglia di stupire e terrorizzare; dall’altra un parco a tema frutto di quest’epoca della serialità, dove ogni piccola variante viene riproposta ad libitum e la citazione è fin troppo palese. Un parco a tema come l’escape room, appunto, una forma di divertente intrattenimento che altro non è che un vaso colmo d’acqua prelevata da un fiume e che, oggi, nello stesso fiume viene rigettata. La consapevolezza che il Cube di Vincenzo Natali abbia passato già i vent’anni c’è, così come quella del rapido esaurirsi del fenomeno torture porn che ha ancora nel primo Saw il suo più grande esemplare; tuttavia quei riferimenti permangono ancora e testimoniano quanto sia ormai in essere una deriva ludica dell’horror. Escape Room, per entrare nello specifico, è un divertissement che non ferisce, a stento graffia, ma che avrà purtroppo successo.

Abbiamo sei sconosciuti attirati in un enorme palazzo per partecipare ad un gioco con premio finale di diecimila dollari. Non hanno niente in comune tra di loro, o almeno così ci dobbiamo sforzare di credere. Il gioco è appunto l’escape room: uscire da una stanza, raccogliendo vari indizi, prima che il tempo scada. Peccato che le stanze e le trappole al loro interno siano decisamente mortali. Sei personaggi in cerca di orrore e denaro, ognuno con un passato terribile alle spalle ma conosciuto da chi li ha messi alla prova. Parte, timido, il body count e la lotta per la sopravvivenza. Non si può non riconoscere ai personaggi una precisa caratterizzazione e funzione, ma a stonare è un contesto in cui si guarda con superficialità all’elefante nella stanza, ossia al gioco stesso. A poco valgono le spiegazioni finali che portano con sé qualche eco di Hostel, (a dimostrazione che la mela non cade tanto lontana dall’albero). Escape Room difetta poi per scelte di sceneggiatura e montaggio a dir poco incomprensibili: ad esempio, a che pro mostrare l’ante-finale all’inizio? Perché, poi, ignorare le premesse che hanno portato i sei protagonisti a partecipare al gioco, come chi gli ha dato la scatola con dentro l’invito? A quest’ultima domanda, forse, rispondono i minuti finali, con la promessa di un sequel che magari farà ancora più luce. Prossimo episodio, prossimo livello, ma stiamo ancora parlando di cinema?

Adam Robitel, regista l’anno scorso del noioso quarto capitolo di Insidious e prima ancora del mediocre mockumentary low budget The Taking of Deborah Logan, si dimostra in questa sede a suo agio nell’action ma latitante nell’horror che, come avrete capito, è il grande assente del film. Alcune sequenze sono davvero ben eseguite, forse più per merito delle ottime scenografie, su tutte quelle del bar sottosopra e della stanza “allucinatoria”. Vi è dunque cura del dettaglio nel comparto visivo, conditio sine qua non per non far deragliare su tutti i fronti l’operazione; della serie, come fanno i protagonisti, “tiriamo a campare per non tirare le cuoia”. Che tutto ciò non basti a salvare Escape Room è lapalissiano, così come è evidente dopo pochi minuti il disegno narrativo. La cosa che veramente fa imbestialire è lo spreco di un plot non banale, di un’analisi della società odierna che poteva essere ancora più spietata; problemi che non si risolvono, beninteso, neanche con una saga bella lunga. Se non si riesce dall’inizio a prendere una direzione, non ci si può stupire di perdersi andando avanti.