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Fargo 5

2023
REGIA:
Noah Hawley, Dana Gonzales, Sylvain White
CAST:
Juno Temple (Dorothy 'Dot' Lyon)
Jennifer Jason Leigh (Lorraine Lyon)
David Rysdahl (Wayne Lyon)

Il nostro giudizio

Fargo 5 è una serie tv del 2023, ideata da Noah Hawley.

Se il contrasto tra lo stato desiderato e quello reale della propria cucina, del paese o del mondo comincia a rodere l’anima nel buio dell’inverno, quando il thè si è fatto freddo, i biscotti sono terminati e il buon umore sembra sparito dai social, allora forse può aiutare una terapia d’urto contemplativa sotto forma della serie Fargo. Basata sull’omonimo film dei fratelli Coen del 1996, la serie, che è diventata di grande risonanza, e di cui Ethan e Joel Coen sono responsabili come produttori esecutivi, è giunta alla sua quinta stagione 27 anni dopo quel favoloso film, senza mai dire (quasi) nulla di nuovo ma senza mai annoiare. I temi che ritornano sono quelli del femminismo, della difesa delle minoranze, della lotta alle armi, affrontati ancora una volta con disarmante e spiazzante ironia, talvolta con crudo realismo, come accade soprattutto per le lance di varia forgia spezzate in favore dell’universo femminile in un momento storico forse mai più azzeccato di quello attuale. Chiunque guardi Fargo vede spesso persone che perseguono un obiettivo vile che presto tornerà a perseguitarli, mentre gli innocenti, gli oppressi, i giusti e i fortunati trionfano contro ogni previsione. Il trucco nella maggior parte delle storie di Fargo è aspettarsi che lo spettatore rivaluti queste fortuite probabilità da episodio a episodio, aggiungendo un pezzo del puzzle o attraverso il verificarsi di una impossibile coincidenza, o grazie alla pura buona o cattiva sorte di un personaggio. Quest’ultimo tende spesso a essere pervaso da un tocco affascinante di magico, di soprannaturale: gli echi duraturi di un segreto che è grande e terribile, ma che non può mai impedire ai personaggi di rendere difficile la loro vita e quella degli altri. I gangster e le persone irremovibili invece, perseguono risolutamente il loro cammino verso la distruzione, non perché siano persone veramente malvagie, ma perché seguono un’idea fissa nella quale ad un certo punto si sono imbattuti e di cui non riescono a liberarsi.

Come sempre, tutto si basa su una “storia vera” completamente inventata: la casalinga Dorothy “Dot” Lyon (bravissima Juno Temple) vive una vita borghese americana nell’area metropolitana di Minneapolis-Saint Paul: sua figlia Scotty (Sienna King) è in una fase di crescita e scoperta, suo marito Wayne (David Rysdahl), un adorabile e ingenuo venditore di auto usate e cocco di mamma, e sua suocera Lorraine (come ci piace questa Jennifer Jason Leigh), un drago assetato di potere, amministratrice delegata di una delle più grandi agenzie di recupero crediti del mondo. I problemi iniziano quando la piccola Dot manda accidentalmente un agente di polizia in strada con un Taser durante una manifestazione scolastica che va fuori controllo. Dot vuole sapere dalla diligente agente di polizia Indira Olmstead (Richa Moorjani) se le sue impronte digitali saranno ora incluse nel database della polizia nazionale. Lo faranno, ma lei non è ricercata, vero? Solo poche scene dopo, tre persone sono morte, tra cui un agente di polizia e un benzinaio che pensava che sarebbe stata una buona idea uccidere lo strano ceffo dal brutto taglio di capelli, con la gonna, gli stivali militari, il fucile automatico e il dito nervoso sul grilletto (Sam Spruell nel ruolo di Ole Munch), sorprendendolo con una fanfara ad aria compressa.

Nel frattempo, lo sceriffo cristiano radicale Roy Tillman (Jon Hamm) (“una donna si apre a un uomo come un fiore del sole”) e suo figlio Gator (Joe Keery di Stranger Things), una mela che è caduta un po’ più lontano dall’albero, stanno praticamente lavorando nella Contea di Stark, a quasi mille km di distanza, per riscuotere un “vecchio debito”. La quinta stagione di Fargo è uno spettacolo sofisticato e riccamente rappresentato da buoni e cattivi, in cui la crudezza si alterna abilmente con l’ingenuità: ci sono alligatori, ladri, poliziotti, cuccioli, principesse e  regine cattive, solo che qui alcuni personaggi sono collegati all’occulto, vie di mezzo  tra Charles Manson e il Conte Dracula. Il regista Noah Hawley (responsabile anche della sceneggiatura insieme a Dana Gonzales e Vincent Landay) mette in scena un purgatorio tutto americano popolato da personaggi ubriachi della propria tenacia, della rettitudine e del successo economico, ma lo status in sé non conta nulla, è solo un mezzo di elevazione al di sopra della moralità e della legge. Hawley contrappone anche le immagini del focolare, della casa e dell’intimità a quelle in cui il freddo appare ancora più spietato nella luce che splende fuori dalle finestre. Qui sta bene solo chi non vuole niente o non crede in niente. E se è vero come ci suggerisce il finale, che mangiare del cibo fatto in casa con amore, come i fragranti biscotti che Dot offre al terribile Munch (ricorda tanto il protagonista di Non è un paese per vecchi) lasciandolo cenare a casa con la sua famiglia, è la risposta a tutti i mali, forse davvero l’umanità sta perdendo tempo dietro inutili e affannosi obiettivi.