Ferocious planet
2011
Dal regista di Isolation, ecco Ferocious Planet: un Jurassic Park del piccolo schermo che, saccheggiando l’ultimo Predators, intrattiene onestamente un pubblico televisivo e senza troppe pretese.
Immaginate un Jurassic Park per il piccolo schermo, con dinosauri alieni dalle fauci triforcute (tipo Tremors), mostriciattoli canini multioculari e una squadra improvvisata di militari e scienziati che, senza motivo apparente o perlomeno a causa di disguidi tecnici, vengono risucchiati in una voragine spazio-temporale e scaraventati chissà dove. Il posto è una comune foresta intricata, parrebbe un luogo come tanti del pianeta Terra, salvo per un paio di soli che fanno capolino su nel cielo e per le anzidette mostruosità da sottobosco. Creature evolute non ce ne sono, e tutto il film si svolge fondamentalmente tra questi due estremi, il teletrasporto in un altrove non specificato e la lotta per la sopravvivenza contro T-Rex e Raptor surrogati (beh, questi solo nella scena iniziale, poi i grossi cugini tritacarne spadroneggiano con allegria fino alla conclusione).
Le incursioni nell’immaginario ucronico dell’ultimo Predators sono palesi, ma non si tratta di una copia, piuttosto di una citazione o di una democratica forma di riciclaggio eco-vengeance che, nell’O’Brien pensiero, ha tutte le sue ragioni, come dire, curricolari di essere. Il regista irlandese forse ci è persino cresciuto con gli animali, chissà, perché le sue mattane teriomorfe alla Greenaway, più in salsa horror che pop, sono sotto gli occhi di tutti, dal primo gustosissimo corto, The Tale of the Rat That Wrote (disponibile su YouTube), fino a questa curiosa produzione Sify. Lui era partito tranquillo, a freddo, con un topo istruito che, sapendo leggere e scrivere e istigando pensieri insurrezionali anche a tanti altri animaletti zampettanti, ingabbiava letteralmente il grassoccio custode di un mattatoio per roditori. La rivoluzione era alle porte, ma con Isolation (2005) l’atmosfera si è incattivita, i vitelli hanno messo le zanne e si sono convertiti a un’alimentazione non convenzionale.
Ferocious Planet ha tutte le caratteristiche per potersi dire una “continuazione”, complemento e supplemento di un percorso tematico diretto all’insegna del pessimismo più survivalista e ambientalista, con le sue bestione zannute e bavose, la spietata caccia all’uomo e ai suoi scienziati che, dati alla mano, tentano di razionalizzare l’irrazionale. Alla fine ci scappa il morto, anzi, i morti, chi triturato dalle mascelle gargantuesche del mostro della foresta, chi vittima delle insidie del pianeta proibito. L’epilogo risolutore è d’obbligo, lo sappiamo, ma l’happy ending un po’ amaro lascia sempre quel vago senso di inquieto fatalismo. Difficile dire se Ferocious Planet sia un’allegoria della scienza fuori controllo, quella stessa scienza che gabba il buon Dio e si erge a sua immagine e somiglianza, o che almeno ci prova finendo poi schiacciata dalla sua stessa tracotanza. Le sfumature metaforiche certo non mancano, anche se relegate alla didattica (vedasi lo scontro tra i due gruppi di sopravvissuti, i militari che vanno alla ricerca dell’acqua con cui mettere in moto la macchina mal funzionante, e la studiosa che, avvistato un ripetitore, abbandona la comitiva per seguire e verificare le eventuali tracce di vita intelligente).
Il budget sarà limitato, il soggetto mancherà di originalità, ma alla fine è l’onestà a prevalere, e su questo Billy O’Brien ha tutta la nostra ammirazione: un regista onesto per un film onesto, destinato a un pubblico senza troppe pretese.