Fino alla fine
2024
Fino alla fine è un film del 2024 diretto da Gabriele Muccino
Gabriele Muccino parla di giovinezza, amore e disperazione. Fino alla fine, come il titolo del suo tredicesimo film e primo thriller, un progetto diverso da quelli a cui ci aveva abituati presentato in anteprima alla 19ª Festa del Cinema di Roma. Un crime, liberamente ispirato dal lungometraggio Victoria di Sebastian Schipper,
che in sole ventiquattr’ore profila l’incontro tra la giovane turista statunitense Sophie (Elena Kampouris) e Giulio (Saul Nanni). A fare da teatro la spiaggia di Mondello e una Palermo distratta, poco svelata e molto evocata. Peccato. Un film imperfetto come sono imperfette le scelte e le conseguenze che determinano la vita. Oppure no, perché è già tutto previsto. Certo è che fin dall’inizio del racconto, che vede Muccino impegnato come regista e sceneggiatore, la tensione sale. Gli ingredienti ci sono tutti. Il branco, quattro ragazzi palermitani dediti allo sballo e al crimine, e una scatenata turista americana, repressa dalla sorella che la vorrebbe interessata più alla storia dell’arte che al divertimento in discoteca. La possibilità di uno stupro di gruppo è tangibile. Invece no perché, al contrario, tra Sophie e Giulio è subito passione che in poche ore si trasforma in amore.
Un amore dannato perché frutto di una solitudine reciproca destinato a infrangersi nel mare di Mondello quando, all’alba di una notte al fulmicotone, la cruda realtà sconfigge l’illusione. Sì perché amare, ribadisce il film, significa illudersi di poter vivere aldilà del bene e del male. Più forti della malavita organizzata a cui il carismatico Komandante del branco (Lorenzo Richelmy) deve un favore; più forti della pattuglia dei Carabinieri che, in una Palermo a tratti mistica, bracca i fuggitivi in un duello letale; più forti della morte che vince sempre. La cosa meravigliosa dell’amore è proprio la sua capacità di illudere i protagonisti che in questa storia desiderano lasciarsi alle spalle, ognuno a modo suo, un passato traumatico per affrontare la vita fino in fondo. L’escalation adrenalinica del racconto, se non del tutto originale, è comunque coerente. In Sophie troviamo la personificazione della giovinezza effimera ma impossibile da dimenticare, destinata a essere osservata come una chimera passeggera anche quando l’amore, nella volontà degli amanti, si traduce in un per sempre. Imitare è la cifra che rappresenta la vita in questo film; a volte imitiamo un’esistenza non nostra e finiamo di non vivere davvero appieno. Una maschera da indossare, buoni e cattivi, nessuno escluso.
Lo spettatore prevenuto dovrà ricredersi: il regista e gli interpreti superano le aspettative più critiche e restituiscono un racconto incalzante a tratti non privo di ingenuità, ricordo di ciò che è stato o di ciò che poteva essere.Ogni giorno, alcune scelte che facciamo sono come gli scambi dei binari dei treni che modificano irreversibilmente il corso del viaggio che si chiama vita. In Fino alla fine il personaggio di Sophie si trova a compiere delle scelte estreme. E queste scelte portano inevitabilmente a delle conseguenze. Alcune irreversibili e drammatiche. Sophie incarna la forza indomabile di chi, dopo aver vissuto a lungo in uno stato di solitudine e prigionia emotiva, sceglie di tuffarsi nella vita sfidando sé stessa e il mondo. Il suo è un viaggio iniziatico per esorcizzare i rimpianti, scoprire l’ignoto che ci abita e accettare il cambiamento. Nel seguirla, intuiamo quale sarà la strada che si troverà a percorrere, a volte scontata, senza però abbandonare l’incertezza, la tensione, l’ansia relative alle decisioni che le vediamo inanellare. Una dopo l’altra, fino alla fine, fino a ribaltare i presupposti della sua stessa esistenza. Un ritorno di Muccino sul grande schermo dopo ben quattro anni di distanza dal suo ultimo lungometraggio, Gli anni più belli.