Flash Gordon
1980
Flash Gordon è un film del 1980, diretto da Mike Hodges.
Sull’onda lunga del consenso di pubblico ottenuto da Superman, nel 1980 Dino De Laurentiis fa uscire nelle sale cinematografiche Flash Gordon, una delle sue più costose produzioni; una nuova trasposizione del fumetto nato dalla fantasia di Alex Raymond e inaugurato il 7 gennaio 1934 come indiretta imitazione di Buck Rogers (in Italia venne pubblicato da L’Avventuroso poco dopo, divenendone l’alfiere con il quale si identificava la testata).
L’epopea intergalattica di Flash Gordon era già stata portata nello schermo in una trilogia (1936, 1938, 1940) che condensava altrettante serie‐tv finanziate dalla Universal, con protagonista l’aitante Larry “Buster” Crabbe.
Dando la regia “neutra”a un professionista come Mike Hodges (L’uomo terminale, 1974 ), il produttore italiano si assume la responsabilità artistica di un kolossal che tenta di far confluire (e fondere commercialmente) un taglio autoriale all’europea e le linee‐guida di un prodotto tipico americano. All’origine di questa sfida, che va inquadrata in un contesto nel quale il cinema hollywoodiano, dopo gli esempi di Lucas e Spielberg, modificava strutturalmente i codici del proprio linguaggio (l’esibizione spettacolare delle tecnologie degli effetti speciali) per approntare politiche rivolte a un mercato sempre più planetario, risiedono pregi e difetti, qualità e insufficienze di Flash Gordon, film che rimane sospeso in precario equilibrio tra il meraviglioso nel senso di Méliès e il compiaciuto kitch della cultura tardomoderna. Una sceneggiatura rozza e un impatto visivo affascinante, una colonna sonora pop squillante (dei Queen) e una vivida e corposa fotografia ricca di un’ampia gamma cromatica, dialoghi infantili ma poco divertenti.
Sfoltendo il fumetto di un immaginario vertiginosamente fantasy da Medioevo, proiettato in un futuro fantascientifico dove la previsione di computer portatili si combinava con scenari da fiaba (foreste da cui comparivano draghi a più teste e tigri ruggenti dotate di incredibili corna), la pellicola si concentra su un’ossatura più semplice: l’eroe e i suoi comprimari (la candida Dale e il pazzoide dott. Zarro) contro la potenza imperiale del mefistofelico Ming che vuole distruggere la Terra mandandole contro la Luna; e per questo occorrerà avere come alleati i sudditi ribelli come il principe degli Arborei, Barin, una sorta di Robin Hood, e l’esercito degli Uomini‐falco di Vultan.
Indubbiamente Flash Gordon deve gran parte della sua gradevolezza al gran lustro dato dall’ausilio di un eccellente art director come Danilo Donati, che ne cura i costumi e le scenografie, ricreando esteticamente lo sfarzo di una cornice sontuosa e immaginifica. Un apparato scenico superlativo sia nell’indovinare, rimanendo in una rimembranza fumettistica, il modo d’illustrare i Vortici Stellari e i Campi Stellari, sia nel dipingere i fondali rosso porpora tempestati di giallo e oro del potere (Donati aveva lavorato nel Caligola di Brass). Nel mélange davvero curioso del cast, a parte la mancanza d’incisività di Sam J. Jones, il poco spazio per Mariangela Melato, la sensualità felina di Ornella Muti, la britannicità di Timothy Dalton, spicca su tutti il personaggio totalmente riuscito che è quello di un calvo e oblungo Max von Sydow truccato da perfido malvagio.