Forza maggiore
2014
Forza maggiore è un film del 2014 diretto da Ruben Östlund.
La famiglia, in Forza maggiore, è un contratto a tutele (de)crescenti. La famiglia è un gioco di ruolo. Un nucleo sociale nel quale ognuno è la sua funzione specifica, non modificabile da eventuali variazioni di assetto. Diffidate dai figli che chiamano per nome i genitori, compiono una violazione contrattuale. Thomas, Ebba, Harry e Vera, svedesi, sono una famiglia alto borghese in vacanza-settimana bianca sulle Alpi francesi, e ognuno se ne sta cheto nel suo bozzolo: Thomas-padre-marito gigioneggia, Harry-figlio e Vera-figlia bighellonano, Ebba-madre-moglie si trastulla, socialità e routine da montagna. Il tempo è un mantra di neve, salire sciare risalire mangiare dormire tutti insieme. Poi un imprevisto prevedibile, una quasi valanga, e la mente si fa labile, Thomas si mostra qual è, infantile e codardo, fugge e ricompare solo a pericolo scampato.
Nulla è più come prima: Ebba che ha protetto i cuccioli lo ha condannato, c’è aria di rescissione contrattuale, il gruppo diventa un insieme di individui sparsi. A nulla vale la mediazione di due amici in coppia occasionale, lui separato 40-something, lei studentessa in calore, loro giocano un’altra partita e pure loro rischiano la crisi. Thomas, reietto in mutande, percorre le tappe del martirio, si umilia in pubblico, gli viene negato il sesso coniugale, prorompe in lacrime e singhiozzi fuori e dentro la camera d’albergo, simulacro di un focolare che si spegne, ma una vacanza non è per sempre, allora tutti sul pullman che si torna a casa. Altro imprevisto, altra fuga ma della madre-moglie, e lui finalmente torna a giocare di ruolo, maschio alfa d’accatto, abbandonato il torpedone guida la sua e le altrui famiglie nella discesa a piedi nella montagna, una grottesca teoria di riccastri in marcia sulla strada, non un Quarto ma un nuovo Terzo Stato.
Ruben Östlund, indagatore acuto delle dinamiche sociali già nel precedente mirabile Play (2011), esibisce in Forza maggiore un occhio d’autore, sospeso tra Von Trier e Seidl, riempiendo la visione di ironia sovversiva e cinismo antropologico. Le musiche di Vivaldi (altro retaggio da LVT) accompagnano mirabilmente questa operetta a-morale, dove la montagna è il palcoscenico e i mostri meccanici (skylift, seggiovie, cannoni sparaneve) sono i coristi. Uno dei migliori film del 2014, premiato a Cannes, candidato all’Oscar, ma battuto da una certa idea di Europa, prima che da una certa idea di cinema.