Freaks Out
2021
Freaks Out è un film del 2021, diretto da Gabriele Mainetti.
Roma, 1943. Israel (Giorgio Tirabassi) impresario circense di origini ebraiche, gestisce il freak show dove si esibiscono i suoi protetti: Fulvio (Claudio Santamaria, irriconoscibile tranne per gli occhi) è un forzuto ricoperto di pelliccia come Chewbacca; Cencio (Pietro Castellitto) un albino con un feeling speciale per gli insetti; Mario (Giancarlo Martini) affetto da nanismo, una specie di Magneto depotenziato che sposta gli oggetti metallici col pensiero. Poi c’è Matilde (Aurora Giovinazzo), la più giovane e la più triste, che rifiuta di toccare le persone a cui vuole bene per paura di ferirle con l’elettricità sprigionata dal suo corpo. L’attività funziona bene, ma sono tempi bui di leggi razziali e rastrellamenti…A ben sei anni dal successo generazionale di Lo chiamavano Jeeg Robot (2015), il film che lanciò nella stratosfera Luca Marinelli convincendoci per un attimo che forse, dopotutto, il cinema di genere italiano “si può fare!”, la coppia Gabriele Mainetti/Luca Guaglianone torna a sventolare orgogliosamente il tricolore di un entertainment d’alta scuola con ambizioni – tremiamo a scriverlo – quasi hollywoodiane.
Il titolo saprà anche di avanguardia e sovversione, da Tod Browning a Frank Zappa, ma è sempre più evidente che ci troviamo di fronte a uomini di cinema smaliziati, vogliosi di divertirsi e divertire ai massimi livelli produttivi e senza alcun timore reverenziale di sfigurare a confronto con la concorrenza estera. Freaks Out è un film particolarmente difficile da giudicare criticamente, suscitando riflessioni diverse e perfino contraddittorie a seconda che lo si prenda come avventura supereroistica o come racconto pseudo-storico che tocca tasti sensibilissimi del passato italiano. Non è difficile presagire un’ondata di polemiche intorno al suo ritratto dell’epopea resistenziale e dell’occupazione nazista, forse il più cavalleresco e dicotomico dai tempi di Roma città aperta (di cui è inutile sottolineare i diversi presupposti storici), continuamente citato con l’astuzia propagandistica di chi sa bene che il prestigio mondiale del nostro cinema – specie in Usa – si misura ancora soprattutto su quell’incomparabile stagione postbellica. Non è un caso che mentre i suoi freak sognano l’America come terra promessa, la stessa che in futuro potrebbe attendere Mainetti se oltreoceano occhi e orecchie sono aguzzi come sempre, regista e sceneggiatore sentano il bisogno di metter loro in bocca la promessa di non abbandonarsi mai.
Sanno fin troppo bene che corteggiare Hollywood, e in generale puntare al pubblico internazionale, significa sacrificare almeno in parte la prospettiva italiana sull’epoca narrata, comprensibilmente rigida e poco disposta a farne un parco divertimenti per allegri massacri di nazisti alla Bastardi senza gloria. E al pubblico italiano richiedono un notevole sforzo di elasticità, uno sforzo a cui molti potrebbero non essere disposti. Accettati tali presupposti, su cui è sacrosanto discutere, l’altro stretch of the imagination operato da Mainetti e dal suo team con Freaks Out ha obiettivamente dell’incredibile. Se Jeeg Robot aveva smosso le acque con un’incursione nel cinema di supereroi però molto low concept, piantata in fondo nella stessa anti-epica sardonica dei bassifondi romani che anima opere come Non essere cattivo del compianto Caligari, quello che stavolta i realizzatori ci squadernano davanti è – per lo standard italiano che il film aspira a riscrivere – un autentico mastodonte, un film d’azione e avventura a rotta di collo con un’effettistica e una cura scenografica di assoluto Stato dell’Arte. Da questo punto di vista la scommessa è vinta.