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Fulci for Fake

2019
Titolo Originale:
Fulci for Fake
REGIA:
Simone Scafidi
CAST:
Lucio Fulci
Michele Soavi
Fabio Frizzi

Il nostro giudizio

Fulci for Fake è un documentario del 2019, diretto da Simone Scafidi.

Premessa: non sono mai stato un grande fan di Lucio Fulci, lo confesso a rischio d’essere linciato dagli aficionados. O meglio, non sono mai stato un grande fan del Lucio Fulci che quegli stessi aficionados  amano di più, ovvero il Fulci regista di horror (con l’eccezione de L’aldilà che trovo sublime). Mi piacciono i suoi musicarelli, le sue commedie sexy come La pretora, con una sensualissima e nudissima Edwige Fenech, persino Zanna Bianca. Detto ciò, per tornare alla cronaca, ecco che, al 76esimo Festival del Cinema di Venezia, vengono  presentati due biopic su altrettanti vecchi leoni italiani della pellicola: uno su Piero Vivarelli (Life As A B-Movie), del quale su questo sito ho già scritto, e uno su Fulci, sul quale, sempre qui, la redazione ha pubblicato una presentazione, oltre che una breve  filmografia commentata. Il che mi ha autorizzato a “personalizzare” un po’ più del solito questa recensione. Non lo nego: sto più sulle corde trasgressive di Vivarelli che, per altro, di Fulci fu allievo. Per di più, da questo interessante Fulci for Fake –  ed è questo il fil rouge del mio articolo – emerge con chiarezza un dato che è proprio quello che mi conferma le ragioni del mio non-amore per gli horror di Fulci, ovvero che buona parte di quei film  nascono dalla sfortunata vita del regista. La sua crudeltà e la sua ferocia, il suo risentimento nei confronti della donna e, a volte, persino dei bambini, sentimenti evidenti in molte sue opere (in primis, Sette note in nero), mi spiazzano, perché sono il frutto di eventi personali tragici: il suicidio della moglie e l’incidente occorso alla figlia Camilla, caduta da cavallo, che la condannò ragazzina, per un lungo periodo, alla sedia a rotelle.

Camilla – che fu aiuto del padre – intervistata per la prima volta in assoluto dal regista di Fulci for Fake, Simone Scafidi (fra le sue precedenti opere, Appunti per la distruzione, sulla vita del misterioso scrittore Dante Virgili e Zanetti Story, diretto insieme con Carlo A. Sigon, sul capitano dell’Inter Javier Zanetti), affetta da una grave problematica alla spina dorsale, è morta nel marzo di quest’anno, pochi mesi dopo le riprese, in un istituto di cui era ospite, seguita da un amministratore di sostegno. Anche l’altra figlia, Antonella, che oggi ha 59 anni, ha ricordato a Scafidi momenti salienti della vita del padre. Sullo schermo, in questo mockumentary (un film di fiction che ricalca i moduli stilistici e narrativi del documentario) non è Scafidi  l’intervistatore, ma il corpulento attore Nicola Nocella che “interpreta” lo stesso Fulci, dopo un iniziale cambio di pelle alla Face Off, ed è sempre lui a porre le domande, su commissione di un fantomatico mister Saigon. A Camilla e Antonella, certo, ma anche a Davide Pulici (nell’affollato magazzino di Nocturno) che traccia un attento ritratto del regista «con la solita competenza e senza peli sulla lingua», sottolinea Marco Paiano su Cinematographe. Il titolo del lavoro di Scafidi si ispira all’Orson Welles di F for Fake . Il che, forse, per via dei ricordi degli amici che, nel documentario, raccontano quante balle raccontasse Lucio: Orson Welles si sarebbe ispirato a lui, come Steven Spielberg per Poltergeist – Demoniache presenze. E se fosse vero? (questo lo dico io).  

Di Fulci parlano, fra gli altri, anche Enrico Vanzina (ricordi di quand’era ragazzino e Lucio lavorava con il padre Steno); il regista Michele Soavi (che iniziò con lui interpretando uno zombie); Paolo Malco, attore fulciano di Quella villa accanto al cimitero, e Lo squartatore di New York (un film che è riuscito a “disturbare” persino Pulici!); Sergio Salvati (il suo operatore di fiducia); Fabio Frizzi (che musicò molti suoi film); il suo fidato segretario di produzione Sandro Pitetto («Cominciai come suo factotum») e Michele Romagnoli, autore della sola biografia scritta con Fulci in vita, L’occhio del testimone). «Di me parleranno quando sarò morto», diceva Orson Welles. Vale anche per Fulci (nel documentario il regista è mostrato in rari repertori), oggi osannato in patria e fuori (bastano, per confermarlo, il numero delle edizioni dei suoi film vendute in tutto il mondo). Peccato che la sua morte gli abbia impedito – dopo un periodo di quasi completa inattività – di coronare un suo progetto: il rifacimento de La maschera di cera (di André De Toth, 1953), che avrebbe dovuto essere  prodotto da Dario Argento. «La sua vita è stata segnata dalla coesistenza di anime diverse, di film inconciliabili, di genio e di lotta per la sopravvivenza. Tutti elementi che hanno reso i suoi film capaci di resistere al tempo. Facendoli diventare più belli e, soprattutto, più inafferrabili», dice Scafidi. Ed è stato proprio lui, Fulci, con la propria vita assurda e sfortunata, a gettare le basi per divenire un mito. Forse.