Future Sex
2018
Future Sex è una serie tv del 2018, ideata da Hank Woon Jr.
In Future Sex gli argomenti predominanti sono prevedibilmente quelli della realtà virtuale e il cammino evolutivo verso l’homo machinam. Non vi aspettate grandi novità. C’è lo sguardo torvo e reazionario della sci-fi classica, c’è lo stile Black Mirror e c’è quel moralismo noioso che non sgancia lo sguardo dalla propria epoca e giudica gli uomini del futuro e la brutta fine che hanno fatto. Si ipotizza un mondo quindi in cui il sesso virtuale ha soppiantato quasi del tutto quello vero, oppure è usato per rendere la fisicità reale meno prevedibile e noiosa. La vittoria della macchina sull’uomo può essere per l’aumento incontrollato delle nascite (Looking For Love) su cui oggi è davvero poco credibile ruminare come al tempo del controverso Un mondo maledetto fatto di bambole di Michael Campus; o magari far sesso con i fili in testa può diventare un passatempo nevrotico tipico di una modernità sempre più divisa e spaventata dalla morte (The VR Shrine). Le automobili, i telefonini, i computer diventano estensioni fisiche della nostra percezione sensoriale, mentre ci potenziano le capacità teoriche di esplorazione, indeboliscono gli istinti veri e ci disabituano alle ataviche e inevitabili marce forzate della crescita esistenziale. L’evoluzione attraverso il dolore è lo scopo primario del nostro passaggio sulla terra, in base alla cultura occidentale, ovviamente. Dopo una vita si riconsegnano i corpi al caos strisciante, ben frollati di paure, disperazioni, sogni infranti e umori tossici.
Il problema che suppongono il regista Michael Toya e lo sceneggiatore Hank Woon Jr., in Future Sex è che si potrebbe avere un fisico sano e ragionevolmente tonico, ma si dovranno vivere esperienze eccitanti in uno stato di totale controllo. Per quanto riguarda invece il vecchio leit motiv del robot come specchio narcisistico in cui l’uomo affogherebbe, in Future Sex si ipotizzano risvolti intriganti sia nell’ambito della chirurgia, con la gente che si converte in macchina per rimanere sempre giovane, per sfuggire alla morte e soprattutto cambiare sesso (Kobe, episodio migliore) o suggerendo un mondo di prostituzione bionica a basso rischio venereo ed emotivo (Bae 2.0). L’evoluzione umana e quella scientifica non vanno di pari passo, questo è palese. Si inventano delle cose al di là dei principi morali e dopo ci si domanda come integrarle con un sistema capitalistico inesorabile e un mondo in cancrena. La tecnologia, sembrano dire Toya e Woon Jr., con le loro storielle un po’ così, non ci risparmia la via più dura e lunga, proietta solo le nostre menti in scorciatoie inesistenti. Quando stacchiamo il giocattolo, siamo noi, in un mondo che ci attende ancora, con le sue fauci nere e purulente.
Nel dettaglio del quarto episodio, Bae 2.0, è interessante questo gruppo di ragazze che si dilettano a far sesso con dei giovani prostituti robotici. Sono tutte contente ma tra loro ce n’è una che è vergine e non vuole farlo con un ragazzo che non sia “vero”, almeno la prima volta. Ma cosa è vero, oramai? Il suo cuore spezzato sarà l’unica cosa rimasta tale. Fellini c’era arrivato molti anni fa, prendendo in giro un personaggio che detestava e che per ragioni troppo lunghe da spiegare qui, si trovò a immortalare in un film con Donald Sutherland. In Bae 2.0 si mescola la castità come perdita di valore, con i pregiudizi razziali verso i robot, senza aggiungere nulla che non sia stato detto dagli anni 80 in poi, purtroppo. Dopo tante tetraggini e zampatelle di erotismo zen, Future Sex chiude con un po’ di brio: la demonizzata realtà virtuale in un caso aiuta una coppia in crisi a ritrovare entusiasmo (Gazzing). Il mantra di moda è sempre uno: la tecnologia non è il male, siamo noi umani a decidere cosa farla diventare. Purtroppo non è così semplice. Se le invenzioni tecnologiche ci esentassero da oneri atavici come la battaglia amorosa, l’educazione dei figli e il lavoro creativo, tutti noi eviteremmo volentieri di viverli analogicamente. Tutte le cose appaganti e centrali nella nostra vita sono tremendamente faticose. Viaggiare a piedi è bello ma con un’automobile abbiamo smesso di farlo. Siamo certi che sia dipeso soltanto da noi finire grassi su un sedile, isolati per chilometri e chilometri di autostrada?