Generation Kill
2008
Generation Kill è una serie tv del 2008, andata in onda per la prima volta in Italia nel 2009, ideata da David Simon, Ed Burns, Evan Wright.
«Sai cosa succede quando esci dai Marines? Ti ridanno il cervello indietro». David Simon in Generation Kill prosegue la sua ricognizione nelle viscose dinamiche di quello che si potrebbe riassumere come l’insanabile conflitto fra uomini e istituzioni. E dai vani tentativi di imporre un ordine civile nel giardino dietro casa, a Baltimora, si passa alle ancor più velleitarie manovre per esportare la democrazia in Iraq. Il punto di vista scelto è ancora una volta intestino all’ambiente, alla situazione e soprattutto all’umanità che Simon vuole cercare di riorganizzare e ordinare in un racconto.
Lo spunto narrativo per Generation Kill è quello di un reporter di Rolling Stones – la miniserie in 7 puntate, andata in onda nel 2008, è tratta dal libro omonimo del giornalista Evan Wright – che si aggrega, agli albori dell’operazione Iraqi Freedom, alla compagnia Bravo del primo battaglione di ricognizione dei Marines. Il quadro dipinto è di una prosaicità terragna: la guerra ai tempi di una comunicazione pervasiva, spogliata di ogni epos, riportata a una trivialità che ha quasi dell’ironico, certo del surreale. I membri del preparatissimo corpo militare, i «pitbull d’America», vanno in battaglia con un solo, dubbio, interprete e passano le nottate in missioni per recuperare ufficiali inetti, dispersi mentre cercavano un posto tranquillo per evacuare. E più che un battaglione sembra un ufficio disfunzionale, una piramide di comando in cui alla base piovono merda e responsabilità, ammannite da un gruppo di intermediari inadatti per conto di un vertice avulso dalla realtà.
Simon abbassa al minimo l’intensità dei filtri e ci immerge, grazie anche al solito, filologico lavoro sul vernacolo, in Iraq. Siamo lì. Restiamo con i 28 Marines di Generation Kill finché anch’essi, oggettivati (narrati) nel filmato montato da un commilitone sulle note di Johnny Cash, non vengono investiti dall’assurda e crudele ironia della loro situazione. E smettono di ridere, e noi con loro.