Giornata nera per l’ariete
1971
Giornata nera per l’ariete: il terzo film di Luigi Bazzoni (sei in totale) è un giallo di grande stile troppo spesso sottovalutato.
Andrea, giornalista con problemi di alcolismo e con una vita privata burrascosa, indaga, per conto del suo redattore capo, su una serie di omicidi. Prima un’aggressione in un tunnel e poi, a catena, cinque omicidi in circostanze misteriose. Si mette in moto una fitta rete di ambigue relazioni tra i personaggi e vengono a galla verità fino a quel momento tenute nascoste…
Dopo essere stato il pupillo di Bolognini e aver esordito con il giallo-sperimentale La donna del lago, Luigi Bazzoni, col suo terzo film, spinge sull’accelleratore mettendosi in scia al Dario Argento di quegli anni. Storaro alla fotografia e Morricone per le musiche, chi ben comincia…
Tratto dal romanzo di Devine The Fifth Cord (titolo col quale il film è conosciuto all’estero) Giornata nera per l’ariete gode inoltre di un cast di tutto rispetto. Nelle vesti del giornalista Andrea Bild, Bazzoni recluta per la seconda volta Franco Nero, qui in grande forma, in grado di creare un personaggio complesso e intrigante – forse il più riuscito e credibile dell’intero cast. Un uomo duro, ruvido e vizioso, segnato da un amore fallito per una splendida Silvia Monti e amante della sempre intrigante Pamela Tiffin, si ritrova ad indagare su una serie di misteriosi omicidi a catena di cui lui stesso sarà indiziato.
Se si vuole essere pignoli e sottoporre il film ad accurata revisione da lente d’ingrandimento allora non pochi sarebbero i difetti da sottolineare: troppi personaggi non ben delineati, omicidi spesso risolti frettolosamente senza motivazioni credibili, troppo poco peso allo spessore psicologico dell’assassino nella soluzione finale (se il movente è tanto bizzarro da avere radici nell’astrologia forse un approfondimento sul suo background non avrebbe nuociuto…). Ma Giornata nera per l’ariete non merita di essere archiviato così. Al di là delle manchevolezze del plot, ha comunque meriti che gli consentono di essere annoverato tra quei titoli emblema del film di genere italiano. Dove manca la sceneggiatura interviene la bellissima e sinistra fotografia di Vittorio Storaro e dove il film si fa prevedibile è la macchina da presa a offrire soluzioni non banali.
Bazzoni predilige primi piani per drammatizzare i dialoghi ed è il grandangolo a intervenire creando senso di spaesamento; non il solito zoom sul volto del protagonista ma spazi aperti, sinistri e stranianti. Insomma, non perfetto, ma un piccolo gioiello del giallo all’italiana. Giornata nera per l’ariete è stato spesso accusato di essere tutto stile e niente sostanza, «di essere buono per tagliare il brodo». Chi ha detto che avere stile è cosa da poco? E se lo stile riesce a plasmare una sequenza inquietante e ricca di suspense come quella dell’aggressione al bambino sul finale allora non è detto che una cosa escluda l’altra. Se poi puntare alla sostanza significa avere a che fare con certi film di oggi, ben venga lo stile.