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Great Freedom

2021
Titolo Originale:
Große Freiheit
REGIA:
Sebastian Meise
CAST:
Franz Rogowski (Hans Hoffmann)
Georg Friedrich (Viktor Kohl)
Anton von Lucke (Leo)

Il nostro giudizio

Great Freedom è un film del 2021 diretto da Sebastian Meise.

Candidato a rappresentare l’Austria agli Oscar 2022 nella sezione del miglior film internazionale, Great Freedom è, a tutti gli effetti, un gran film. Diretto (e sceneggiato) con asciuttezza da  Sebastian Meise, narra l’epopea carceraria, lunga oltre un ventennio, di Hans Hoffmann, ma è ambientato a cavallo tra la fine della seconda guerra mondiale e la fine degli anni 60, in Germania Ovest: da qui si dipana l’abisso. All’epoca infatti vigeva il codice 175 che decretava condanne per gli omosessuali se colti in flagranza di reato (…). Basterebbe come livello di drammaticità? No, Hans infatti ci viene presentato anche come un sopravvissuto all’Olocausto. Quindi: marchiato, registrato mentre fa sesso nei bagni pubblici e buttato in cella, con uno stile di vita carcerario che non lascia scampo alla speranza. Tutto questo però è come se fosse il propulsore dell’orgoglio e della sfacciataggine di Hans che prende botte e insulti ma non rinuncia mai all’idea di un sesso appagante ne tantomeno all’idea dell’amore. Ne si vergogna di se stesso. Riesce sempre a trovare uno squarcio di bellezza nel marciume. Marciume che Meise, con il suo stile metallico e  maleodorante (sembra quasi di sentire il puzzo de rancio sbattuto nelle scodelle di ferro, oltre che dei vari fluidi corporei) mette in scena con grande realismo e direi… senza pietà.

Le unghie sporche dei detenuti, le loro mani che cuciono, lavano pavimenti, bramano cibo, sigarette, sesso. E poi gli sguardi. Merito dei quali va ovviamente agli interpreti, in primis Franz Rogowski, premiato come miglior attore al Torino Film Festival. Si dona anima e corpo e il suo sguardo dolente ma non rassegnato è il nostro sguardo durante l’intera durata del film. Le scene con lo storico compagno di cella, prima nemico poi complice e infine amante, Viktor (un altrettanto grandioso Georg Friedrich) trasudano sangue e sudore, orrore e speranza. E c’è una frizione sessuale fortissima fin dal primo istante. Momenti in cui non si può tornare con la mente alla potenza e all’immaginario iconografico di Un chant d’amour di Jean Genet. Ma i riferimenti di Great Freedom non possono non essere anche quelli di Querelle di Fassbinder (per alcune suggestioni e atmosfere, non tanto per la trama) o della splendida (e sottovalutata) serie televisiva carceraria OZ, di Tom Fontana.

Come nei succitati lavori, anche in Great Freedom viene rappresentata l’aspetto “romantico”, con il personaggio del tormentato Oskar, interpretato dal dolce e bellissimo Thomas Prenn, unico italiano nel cast. Innamorato di Hans (e ricambiato) non regge alla tortura della vita carceraria e si toglie la vita. Da qui la scena più intensa e “stracciabudella”: Hans viene a sapere della morte dell’amato  e crolla tra le braccia di Viktor, per la prima volta proteso sentimentalmente verso di lui. La “love story” tra Hans e Viktor si dipana fino al dopo carcere di Hans che, invece di trovare la tanto bramata GRAN LIBERTA’ fuori… capisce di averla lasciata dentro le mura della prigione. Perchè la sua libertà utopica era sempre stata quella di poter amare e con Viktor, seppur segregato, aveva finalmente raggiunto ciò. Il carcere gli ha dato la libertà di un sentimento, che fuori, una volta decaduto il paragrafo 175, è spazzato via dalla frenesia di un sesso liberatorio e orgiastico ma fine a se stesso. Grande tormento e grande sofferenza ma la Great Freedom del film è uno stato d’animo e mentale.