Hates – House at The End of the Street
2012
Hates – House at The End of the Street è un film del 2012, diretto da Mark Tonderai.
Buio. Casa dal sapore un po’ epilettico, di quelli che preannunciano il virare digressivo verso l’orrore, la prima morte, l’immersione nell’incipit e nel testo principale della pellicola scatenante cause ed effetti. Una ragazzina pare deambulata, forse insonnia, forse sonnambulismo; striscia come fosse uscita da un Ringu giapponese e la macchina da presa s’inacidisce di effetti pseudo-psichedelici: la madre ancora assonnata scende per controllare la figlia, e viene trucidata come carne da macello. Anche il padre, incurante a letto, farà la stessa fine.
Inizia così Hates – House at the End of the Street, esordio di Mark Tonderai con la gallina hollywoodiana dalle uova d’oro Jennifer Lawrence, qui alla sua terza prova attoriale della stagione, dopo il lancio universale di Hunger Games e la conferma celebrativa degli Oscar con il bel Il lato positivo (Silver Linings Playbook). Stavolta la giovane si ritrova catapultata in un film dalle dimensioni più piccole, un puro thriller americano medio che sa sempre di déjà vu in quanto basato su formule ben precise e stranote: incipit violento, l’arrivo della protagonista teenager in una nuova cittadina sperduta in mezzo al nulla, la vita scolastica tra noia e prime conoscenze, i problemi e le discussioni con la madre (qui interpretata da Elisabeth Shue), l’amore per un ragazzo ambiguo e misterioso, il segreto di una casa (appunto, quella in fondo alla strada) da cui tutti gli abitanti del posto sembrano tenersi alla larga, il manifestarsi del pericolo e dell’anormalità, tanti misteri e domande senza risposta fino agli inevitabili twist finali che ricollegano il passato al presente sciogliendo ogni dubbio raccolto lungo il percorso.
Tonderai tocca tutte queste tappe con l’attenzione di uno che ha studiato il manuale alla perfezione, magari senza provocare orgasmi multipli, ma perlomeno mantenendo una curiosità disinvolta grazie anche a una propensione per il virtuosismo registico, come quando, memore delle lezioni baziniane, nelle scene più movimentate limita il più possibile gli stacchi per focalizzare l’attenzione sulla suspense con brevi ed efficaci piani sequenza. Tonderai sfrutta gli spazi, e più di una volta ha la leggerezza di uno che sulla macchina da presa ci vola, cavalcandola come una scopa che lievita sotto sedato incantesimo.
Sono questi i momenti più interessanti del film, il Male che si libera aggirandosi per i boschi in cerca di una vittima, il segreto che esce allo scoperto, magari assetato di sangue e di carne, di sicuro con della pazzia coltivata nel tempo che non ci è ancora concesso conoscere: il mistero e il lato oscuro di Hates – House at The End of the Street sono rinchiusi in una porta che il regista ha il sadico piacere di aprire ogni volta che può, ma solo a piccole dosi. E per quanto l’impressione predominante è quella di trovarci in un film per liceali, Tonderai coglie le sfumature psicologiche dei suoi protagonisti, clichè e sorpresa s’inseguono a braccetto focalizzandosi sul rapporto fra la Lawrence e Max Thieriot e la loro strada verso la morbosità più fatale: l’attrice di Un gelido inverno ha la pelle e le palle per diventare una nuova scream queen, mentre Thieriot è tutt’altro che il solito belloccio tutto muscoli, sorrisi e ciuffetto alla Justin Bieber. Peccato per la sceneggiatura firmata da David Loucka (Dream House): il regista cerca di coprirne i buchi, ma più volte sono così grandi che non basterebbero dei maxi cerotti per camuffarli.
La scrittura di Loucka è priva di compattezza narrativa, e certi espedienti sono troppo stupidi anche per coloro che non danno importanza alla verosomiglianza, senza contare che se siete sgamati quanto noi, a metà film gran parte della soffiata finale si rivela già più che intuibile. Eppure, nonostante ciò, quello di Tonderai è un debutto che potrebbe portare buoni frutti in un prossimo futuro, in quanto già da Hates – House at The End of the Street è evidente un suo gusto per la narrazione, un lavoro sulle immagini non banale e una propensione a certe devianze che potrebbero esplodere una volta che finalmente avrà sottomano uno script a prova di errore.
In quel caso, siamo sicuri, ne vedremo delle belle. Per ora è un degno esecutore, e tenere quel minimo di tensione pur non ricorrendo a cascate di sangue è comunque qualcosa; per ora vediamo di accontentarci, seppur l’accoglienza in patria sia stata pressoché disastrosa. Ancora una volta, come già accaduto più volte, toccherà a noi di Nocturno tenere gli occhi aperti.