Hitchcock/Truffaut
2015
Hitchcock/Truffaut è un film del 2016, diretto da Kent Jones.
Innanzitutto una premessa: Hitchcock e Truffaut sono i due maestri del cinema che ho più amato, studiato e seguito in tutta la mia vita, sia nel periodo della mia formazione cinefila che anche dopo quando ho intrapreso la carriera di regista. Il libro in questione, da cui il docu-film prende il via, Il cinema secondo Hitchcock di F.Truffaut del 1966, è stato per me una sorta di bibbia… Da ragazzino leggevo e assimilavo tutti gli aneddoti, i racconti del “dietro le quinte” che il grande maestro del brivido regalava al giovane regista francese, con dovizia di dettagli e generosità, svelando senza pudori i trucchi del mestiere… Un libro intervista che mi ha appassionato, avvinto e coinvolto come un romanzo: con i due cineasti che duettavano complici, divertenti e divertiti su questo splendido gioco chiamato Cinema. Nel 1962 Truffaut andò a Los Angeles e passò otto giorni con Hitchcock, dalla mattina alla sera a parlare di cinema, tutto documentato da fotografie e registrazioni sonore. I due già si conoscevano e Truffaut apprezzava Hitchcock da molto tempo, ancor prima di diventare regista, lo considerava un maestro del cinema a dispetto della critica dell’epoca che lo stimava un regista di genere, un abile professionista ma certamente non un artista. Truffaut con il suo libro diede una credibilità e un’autorevolezza ad Hitchcock che contribuirono a consolidare la sua fama nel mondo. Un libro-evento che per la prima volta raccontava il cinema da chi lo fa, da chi lo ama.
Quindi, tornando al film di Kent Jones Hitchcock/Truffaut si può immaginare che il livello delle mie aspettative era molto alto. E appena conosciute le date di presentazione nel circuito cinematografico non ho esitato a farmi quasi 100 chilometri per vederlo nella multisala più vicina. Le cose positive sono l’idea che sta al centro dell’operazione, il lavoro di ricostruzione con immagini di repertorio, fotografie, documenti sonori, montati e assemblati con sagacia cinefila che sembra riproporre il climax del libro. Rivedere sul grande schermo gli spezzoni dei capolavori di Hitch è stata per me un’emozione pura, si è aperto lo scrigno dei ricordi su tutta la mia vita cinematografica passata e ammetto che il punto più alto è la famosa scena di Vertigo quando Stewart vede uscire dal bagno Kim Novak trasformata nel suo fantasma d’amore… Poi mi sono commosso sulle immagini di I quattrocento colpi, con Truffaut che spiega tutto il gioco di sguardi tra Antoine Doinel e la madre, che si scoprono entrambi in flagranza di reato…. (lui ha marinato la scuola… lei vive una relazione adulterina) dove si manifesta l’insegnamento scopofolico tutto hitchcockiano e si intuisce perché il suo cinema abbia influenzato generazioni e generazioni di registi. Ecco che su questo punto arriva la nota dolente: i registi intervistati! Se si escludono gli interventi di Martin Scorsese, Peter Bogdanovich e David Fincher, tutti gli altri sono veramente inutili, inconcludenti, dispersivi e a tratti anche fuorvianti. Senza entrare nel merito delle loro competenze e affinità sul tema trattato non si capisce la loro presenza (Arnaud Desplechin, Wes Anderson, James Gray, Richard Linklater, Olivier Assayas, Kiyoshi Kurosawa, Paul Schrader). Si ha come l’impressione che queste dichiarazioni siano state messe lì per arrivare al metraggio standard da giustificare il biglietto da sala…frammenti che interrompono il tourbillon emotivo che le immagini d’epoca evocano (si vede Hitch giovanissimo sui set londinesi del periodo muto, la redazione dei mitici “Cahiers” con Andrè Bazin e Godard, Chabrol, Brialy giovanissimi) e ci fanno sentire la mancanza dell’unico vero erede di Hitchcock ancora vivente che è Brian De Palma.
L’assenza di De Palma è una lacuna incolmabile perché, generazionalmente vicino a Truffaut, è forse il cineasta che più di ogni altro ha preso il testimone di Hitch e lo ha portato avanti con passione e determinazione, con notevoli similitudini circa i propri rapporti con la critica cinematografica e con lo showbusiness. Quello che Truffaut ha fatto nel suo libro, De Palma l’ha fatto con i suoi film: impossibile non comparare Omicidio a luci rosse con Vertigo, Vestito per uccidere con Psycho, Femme fatale con Marnie. In questo senso il cerchio resta aperto e il valore del cinema hitchcockiano ai giorni nostri si perde ed svapora in una, seppur affascinante e piacevole, evanescente e inutile “Madeleine” di proustiana memoria. Così come manca totalmente il periodo in cui Hollywood sul finire del millennio mise in cantiere una serie di remake hitchockiani sia televisivi che cinematografici (peraltro di poco successo), dove spicca lo Psycho di Gus Van Sant (1998), un’operazione di mummificazione cinematografica che ha contribuito a rendere il capolavoro hitchockiano ancora più grande e immortale, riproponendo tagli d’inquadratura, movimenti di macchina, quantità di frames in una replica maniacale e certosina. Per questi motivi pur apprezzando Hitchcock/Truffaut di Kent Jones, e ringraziarlo per 80 minuti di un piacevole tuffo nel passato, considero il suo film un’occasione mancata.