Hobo With a Shotgun
2011
Dopo Machete, un altro fake trailer di Grindhouse si scontra con il grande schermo per un risultato incerto, ma comunque meritevole.
Un barbone arriva in una città e lotta contro il crimine, con l’aiuto del suo fucile a pompa…
Seguendo diplomaticamente la scia di Machete, anche Hobo With a Shotgun resuscita nella confusa veste di spin-off di Grindhouse. Nato come uno dei finti trailer del film di Rodriguez (Grindhouse-Planet Terror, Sin City), Jason Eisener (The Teeth Beneath, Treevenge) decide di trarre da quel segmento casereccio, volutamente e vistosamente rudimentale, un vero e proprio film.
La storia narra dell’arrivo di un senza tetto in un’anonima città, completamente messa a ferro e fuoco dal crimine (per follia e malavita molto simile alla Manhattan futuristica di Fuga da New York). Fra tanta crudeltà, l’unica cosa per la quale il protagonista sembra lottare è l’innocenza che risiede nel ricordo di un tagliaerba, tuttavia gli affetti umani la faranno ben presto da padrone.
La scena d’apertura è veramente una chicca degna del genere. La colonna sonora, a metà fra il western e il melò, è un solido supporto alla fotografia dalle tinte lisergiche del technicolor, entrambe atte a connotare l’irrealtà, la distorsione e il timbro farsesco della pellicola. Il caos urbano è un miscuglio fra i migliori film della decade degli anni ’80, come il già citato Fuga da New York, Robocop e, a suo modo, Blade Runner. L’estetica per l’appunto ricalca proprio quello specifico immaginario visivo, mantenendo ben chiare quelle atmosfere di violenza gratuita, ma soprattutto bizzarra, tipiche della suddetta filmografia.
Di fronte a Hobo, si ha l’impressione di trovarsi al cospetto di un film sfuggitoci, per qualche ignota ragione, lungo il corso degli ’80. Molte le trovate ingegnose da parte di Eisener, prima fra tutte la temuta punizione del tombino, che qui ci riserviamo dallo spoilerare. Il regista, nonostante l’atmosfera convulsa e abbastanza sopra le righe, non si riserva dal mostrare un’inaspettata eleganza registica, dove alle disturbanti inquadrature oblique si alternano lente carrellate in avanti, seguite poi dal movimento conturbante della handycam, rivolto a trasferire l’empatica sensazione di movimento, velocità e accelerazione di ritmo.
Tuttavia Hobo With a Shotgun non è certo un film privo di difetti, si avverte infatti un forte e inconciliabile stridio, un contrasto purtroppo non di quelli balsamici e azzeccati. Eisener sembra volersi barcamenare fra due traiettorie, una seria e un’altra totalmente canzonatoria, senza mai sceglierne definitivamente una. Ciò potrebbe anche andar bene, basta non perdere totalmente il lume della ragione. Il regista, invece, si prende troppo sul serio in diverse scene, per poi smentirsi smaccatamente alle successive, venendo meno a qualsiasi tolleranza del patto spettatoriale fra pubblico e autore, quasi a dire “Ok, ho dato fuoco a un autobus pieno di bambini, l’ho fatto nel modo più reale possibile, però non prendetevela troppo, in fondo è solo un film!”
L’atteggiamento del film disturba, non poco, lo spettatore il quale non sa come porsi nei confronti della storia, rischiando di non riuscire ad accettarla né per la sua serietà, né per la sua leggerezza. Ciò che poteva essere una bella trovata, si è rivelata per Eisener un’arma a doppio taglio, che confonde e innervosisce il pubblico, piuttosto che apprezzare la gigioneria di un’opera che ride in faccia ai suoi spettatori, oltre che in faccia a se stessa.
Nonostante la sua presunzione, Hobo With a Shotgun merita la visione, se non altro per il fantastico revival anni ’80.