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Hollywood

2020
REGIA:
Janet Mock, Michael Uppendahl, Daniel Minahan, Ryan Murphy, Jessica Yu
CAST:
David Corenswet (Jack Castello)
Darren Criss (Raymond Ainsley)
Laura Harrier (Camille Washington)

Il nostro giudizio

Hollywood è una serie tv del 2020 creata da Ryan Murphy e Ian Brennan.

Ryan Murphy ha ancora una volta fatto centro con una serie disponibile in streaming dal 1 ° maggio su Netflix: un prodotto che riteniamo meriti non solo l’attenzione degli spettatori seriali di ogni show televisivo, ma anche di quella degli amanti del cinema. Siamo negli anni del secondo dopoguerra, la fabbrica dei sogni di Hollywood è in piena attività. La sigla si presenta già molto avvincente, con l’immagine di quattro dei giovani protagonisti alle prese con una difficile scena del film che sarà al centro delle vicende: scalare le lettere giganti della scritta HOLLYWOOD che risplende e sovrasta il Monte Lee a Los Angeles (da qui l’attrice Pag Entwistle si era gettata suicidandosi qualche anno prima, e questa vicenda sarà centrale nel racconto). Molti giovani di belle speranze vengono a Los Angeles da tutti gli Stati Uniti per entrare a far parte di questo mondo, spesso si ritrovano di sera in bar fumosi e tenebrosi ripresi con inquadrature che ci rimandano ad Edward Hopper, soprattutto al suo dipinto “I nottambuli”. Anche Jack Castello (David Corenswet), uno dei protagonisti, appena trasferito in città, sposo novello con figli in arrivo, sta cercando di realizzare il sogno di diventare una grande star di Hollywood. Ma ciò si rivela un po’ più difficile del previsto ed è costretto ad accettare un lavoro in un distributore di benzina che però si rivela una copertura: Jack dovrà in realtà prostituirsi. Inizialmente combattuto, l’aspirante attore si rende conto abbastanza rapidamente che questo potrebbe essere il suo biglietto di ingresso per Hollywood. Il tema di Hollywood è sempre stato molto battuto e ricco di spunti eccitanti e ha ricevuto riconoscimenti nel cinema e in tv; sembrava che sulla più grande fabbrica di sogni del mondo fosse ormai stato detto tutto, incluso l’ultimo film di Tarantino, ovviamente. Ma se ci si  avvicina a alla serie con questo pregiudizio esso rapidamente, al massimo nel secondo episodio, viene sfatato a favore di un incantesimo in cui lo spettatore viene rapito.

E la bellezza di questo show è che pur evidenziando la mancanza di scrupoli, lo sfruttamento e le lotte drammatiche che caratterizzavano le dinamiche umane e sociali dell’ambiente, lo fa attraverso un uso essenziale del dibattito che mostra gli argomenti da diverse prospettive, anche quelle di coloro che nella società sono spesso dimenticati, senza che la sceneggiatura ne risulti appesantita. Si aggiunge a ciò una sensibilità verso temi sociali quali la discriminazione prevalente nei confronti degli afro-americani, degli omosessuali e anche delle donne. Una donna ebrea (Avis, interpretata da Patti Lupone, già vista in Pose) che gestisce uno studio cinematografico e produce un film scritto da un afroamericano  (Archie Coleman, interpretato da Jeremy Pope) e include una donna afroamericana come protagonista (Camille Washington, interpretata da Laura Harrier), all’epoca era pura utopia, e ancora oggi non è una cosa tanto scontata. E proprio perché Hollywood offre così tanti spunti e affronta tanti argomenti da essere considerata inimmaginabile dal punto di vista di alcune generazioni attuali, è importante che essa abbia un lieto fine: tutti questi sogni non devono rimanere tali, quando le persone giuste prendono le decisioni giuste, spesso i fatti vanno per il verso giusto. Come la serie dimostra, devi correre rischi, essere coraggioso e sfidare alcuni pregiudizi. Risulta vincente l’idea di una rappresentazione della storia del cinema in un periodo storico, quello degli anni ’40, con tanti particolari realistici, personaggi davvero esistiti (Vivian Leigh, Hatti McDaniel, Rock Hudson solo alcuni tra quelli che fanno capolino nelle vicende), restando però ancorati ad una vicenda cardine, la realizzazione di un film che coinvolge tutti i protagonisti a vari livelli, che si evolverà diventando sempre più emblematico di una cinematografia che vuole rinnovarsi ed essere portavoce di una società che vuole dare spazio a tutti.

Ryan Murphy aveva già dato valide prove della sua abilità nel ricostruire periodi storici non lontanissimi (L’Assassinio di Gianni Versace ), ma qui troviamo molte similitudini con il capolavoro Feud, in cui era riuscito a raccontare due immense attrici, Bette Davis e Joan Crawford, nel periodo storico in cui furono attive, restando però sempre ancorato ad un centro narrativo che era la realizzazione del film Che fine ha fatto Baby Jane? La recitazione è fenomenale: ruoli da attore principiante, ruoli in cui bisogna recitare due volte, sono resi dal cast in maniera egregia; un cast arricchito anche da presenze iconiche quali Mira Sorvino, Jim Parsons (Sheldon Cooper di Big Bang Theory) e il noto regista Rob Reiner. Stile, scenografie e dialoghi fanno meravigliosamente parte della recitazione degli anni ’40 e possono quindi essere visti come un omaggio a questo tipo di arte. La vera quintessenza dello show: la frase pronunciata dal proprietario del distributore Ernie West (interpretato dal murphyano Dylan McDermott, già in diverse stagioni di AHS), nel regalare dei soldi ai suoi ex dipendenti in difficoltà con la produzione del loro film   “Non è per i soldi, è per il sogno”. Hollywood lascia entusiasti per la magica interazione di idee, temi e interpretazioni, che raggiunge l’apoteosi nelle scene trionfanti della premiazione Oscar del 1948, in parte realistica in parte modificata con l’ottimismo e lo spirito positivo che Ryan Murphy ha voluto a tutti i costi, a posteriori, infondere, in questo suo nuovo lavoro televisivo.