House of the Rising Sun
2011
Magari non proprio natalizio l’action movie che vede l’esordio davanti alla macchina da presa di Dave Bautista, macchina da guerra del wrestling non sfruttata al meglio in questo modesto film di cazzotti.
Sì. Nella locandina c’è davvero quel toro da combattimento di David Michael Bautista Jr., sei volte campione del mondo della federazione WWE di wrestling. Quante volte abbiamo visto la sua magnifica Bautista Bomb in tv, osannato dallo scalmanato Ciccio Valenti? E quando mai avremmo pensato di vederlo recitare come attore protagonista in un film serio? Difficile a dirsi. Eppure non è il primo wrestler che si affaccia al mondo del cinema. Negli ultimi anni abbiamo assistito prima alla rinascita di Dwayne Johnson aka The Rock dal sopracciglio selvaggio, poi alla scoperta del bullettproof John Cena come salvatore di fanciulle indifese, per finire con l’idolo “Stone Cold” Steve Austin visto anche nel primo capitolo dei sacrificabili di Stallone. Non dimenticando inoltre il compianto Andrè The Giant in La storia fantastica. L’elenco è davvero lungo. Ce la farà il nostro Batista a reggere il confronto cinematografico con i suoi colleghi?
House of the Rising Sun quindi. Pellicola dall’accattivante titolo tratto da una canzone degli Animals del 1964 (arrangiamento di un traditional della Louisiana). Il regista è tale Brian A Miller, co-sceneggiatore assieme a Chuck Hustmyre. Per il primo è la terza volta dietro la mdp, per il secondo invece si tratta di un debutto. Spiace dirlo ma l’inesperienza si vede e se ne sente la puzza lontano un miglio. Con tutto il rispetto verso questi lavori, tocca dire però che il film in questione, non è solo insignificante ma è persino irritante da quanto si prende sul serio.
A partire, ahimè, da Batista. Un cane a recitare. Non ha espressione, è goffo come un orso in letargo e poi le prende da tutti quelli che cercano di picchiarlo. Vedere che Batista se le fa dare da chiunque incontri, fa male al cuore. Terribile poi la corsettina che il caro Dave fa ogni 3×2… è esattamente la stessa che faceva prima di salire sul ring. Solo che se in WWE aveva un suo senso, in mezzo alle strade innevate di Chicago no. Per quanto riguarda il resto del cast non andiamo meglio: alcuni sono volti pseudo-noti soprattutto nel circuito delle serie tv (vedi Dominic Purcell di Prison Break che nella parte del duro fa ridere) altri sono nomi piuttosto importanti che sicuramente hanno permesso al regista di ottenere la fiducia della casa di produzione. Uno su tutti Danny Trejo, che fa una comparsata di 5 minuti, il tempo di andare a letto con una sventola ventenne, mostrare i suoi tatuaggi e farsi ammazzare.
Sulla trama infine c’è poco da dire. Già vista e rivista la storia dell’ex poliziotto corrotto che cerca di redimersi dagli errori del passato, lottando contro il tempo per scagionarsi dalle accuse di svariati crimini. I pochi colpi di scena sono telefonati e la noia prende il sopravvento già dopo una decina di minuti: le situazioni sono sempre le stesse che si ripetono più e più volte, arrancando fino allo scontato finale strappa(sbadigli)lacrime.